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Vaccino surgelato, problemi nella catena del freddo

Vaccino surgelato, problemi nella catena del freddoVaccino Pfizer in un frigorifero – LaPresse

L'approfondimento A garanzia della stabilità della temperatura c’è un viratore termico che in caso di sforamento cambia colore. Ma è poco affidabile perché il vaccino non è pesce surgelato

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 3 gennaio 2021

Dopo la corsa al vaccino, con il difetto di precauzione, ecco che si prepara quella alla vaccinazione: con altrettanti interrogativi.
Il vaccino Pfizer è spedito in scatole di cartone refrigerate con ghiaccio secco che dovrebbe mantenere la temperatura di almeno -60°C per tutto il tempo di trasporto, per poi essere conservato nei congelatori ma, sostiene la Pfizer, in mancanza di questi si possono utilizzare gli involucri di spedizione purché si sostituisca il ghiaccio secco entro 24 ore dall’arrivo.

A “garanzia” che la temperatura durante la spedizione (e durante l’eventuale conservazione temporanea) resti quella prescritta è presente un viratore termico che in caso di sforamento dei valori cambia colore. Questa precauzione è poco affidabile perché è di carattere qualitativo (cioè può andar bene per il pesce surgelato), ma non per un vaccino.

Notizie (non confermate, per ora, ufficialmente) segnalano problemi nella catena del freddo dovuti probabilmente al fatto che il ghiaccio secco non sia così affidabile nel mantenere una temperatura di almeno -60°C. Eppure l’Ema e L’Aifa hanno avallato questa procedura.

In Germania ad alcune persone sono state somministrate 5 dosi di vaccino ciascuna, cioè in pratica un’intera fiala di spedizione. Come è potuto succedere? Per comprenderlo bisogna considerare la scelta della Pfizer (evidentemente di carattere economico) di mettere in commercio un vaccino non diluito che può essere conservato solo a temperature polari.

Ciò comporta: tempi ristretti di diluizione e somministrazione (sei ore); impiego di due siringhe diverse, una per la diluizione (più grande) ed una più piccola per l’estrazione della singola dose dalla fiala del vaccino diluito. Per evitare questi errori si dovrebbe separare fisicamente l’operazione della diluizione da quella della estrazione e somministrazione della singola dose, affidandole a due operatori diversi che si alternano in queste operazioni per evitare proprio l’errore dovuto alla ripetitività dei gesti.

Viceversa le indicazioni operative (come quelle contenute nel piano vaccinale testé varato dalla regione Lazio) sono di affidare ad un solo operatore diluizione e somministrazione del vaccino con un tempo massimo di 10 minuti a persona, ivi compresa la compilazione del foglio informativo con anamnesi del vaccinando (questa parte la assolve un altro operatore).

Nonostante questi piccoli ma non rassicuranti segnali, l’Aifa in un comunicato (ripreso da tutti i giornali) spiega che nella fiala della Pfizer c’è una dose in più! Non per magnificenza della Pfizer, ma per mettere in conto i probabili “sprechi” dovuti ad operazioni imprecise data la loro complicata esecuzione, frutto, a sua volta, di mero calcolo economico.

Basti pensare che il vaccino Moderna (pur essendo inviato in flaconi di 10 dosi) si presenta già diluito (e ciò comporta l’uso di un solo tipo di siringa); che la sua conservazione può essere fatta in un normale congelatore domestico (-20°C) e che una volta scongelato può essere mantenuto in frigo per 30 giorni o 12 ore a temperatura ambiente. Moderna inoltre raccomanda di non usare assolutamente ghiaccio sintetico per la conservazione: e sì che sarebbe molto più facile mantenere una temperatura di -20°C con ghiaccio sintetico che una di -60°C.!

La Pfizer ci sta vendendo un’automobile senza ruote (vaccino non diluito) e senza ammortizzatori che se appena lasci una strada asfaltata (cioè le temperature polari di conservazione) ti viene il mal di schiena e tutto questo non solo non viene rilevato dagli organismi competenti, ma manca poco che la Pfizer passi per benefattore dell’umanità.

Che dire poi dei piani vaccinali che si annunciano uno per regione? In quello della regione Lazio è previsto di vaccinare inizialmente operatori sanitari e residenti delle Rsa per un totale previsto di 89.909 persone. Per la loro vaccinazione completa (prima e seconda dose) il piano prevede l’impiego di 179.818 dosi, cioè l’esatto doppio.

Non si mette in conto alcun tipo di inconveniente (rottura di una fiala, prodotto non conforme, errore dell’operatore etc) valutabile almeno in uno 0,5% e cioè circa 500 dosi in più da tenere come riserva. E qui si aprirebbe il capitolo del fallimento di questa regionalizzazione sanitaria che, oltre ad incrementare la speculazione privata del settore, si configura sempre più come fattore di discriminazione sociale.

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