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Vaccino Pfizer ai ragazzi, ma mezzo mondo resta senza

Vaccino Pfizer ai ragazzi, ma mezzo mondo resta senzaVaccinazione ai ragazzi – Ap

Immunizzazione Ok dell’Ema per la fascia d’età 12-15 anni: alta efficacia e poche reazioni avverse. L’Oms però chiede ai governi di non vaccinare i più giovani, che rischiano poco dal Covid-19: ora è più importante allargare la campagna vaccinale ai paesi poveri rimasti senza dosi, accaparrate dai paesi ricchi come l’Italia

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 29 maggio 2021

L’Agenzia europea del farmaco (Ema) aveva promesso di valutare la somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech negli adolescenti entro il mese di giugno e il verdetto è arrivato puntuale ieri. L’Ema infatti ha autorizzato l’uso del vaccino Comirnaty (questo il nome del prodotto) anche nei ragazzi e nelle ragazze di età compresa tra il 12 e i 15 anni. Le fasce di età in cui il vaccino potrà essere utilizzato dunque si ampliano, perché l’autorizzazione precedente valeva dai 16 anni in su. «La modalità d’uso del vaccino Comirnaty nei ragazzi dai 12 ai 15 anni di età sarà la stessa adottata per le persone al di sopra dei 16 anni di età» spiega l’Agenzia. Cioè due dosi «a tre settimane di distanza l’una dall’altra». L’Ema dunque non ha per ora autorizzato un intervallo maggiore tra prima dose e richiamo, una scelta già compiuta dall’Italia in cui si può attendere fino a sei settimane.

GLI EFFETTI del vaccino Pfizer sono stati studiati in un trial clinico che ha riguardato 2.260 volontari, che per metà hanno ricevuto il vaccino e per metà il placebo. I ricercatori Pfizer hanno accertato che la produzione di anticorpi negli adolescenti è «paragonabile» a quella osservata nella fascia di età 18-25. L’efficacia è arrivata al 100%, perché nel migliaio di ragazzi vaccinati nessuno ha sviluppato il Covid-19 una settimana dopo la seconda dose, mentre nel resto del campione si sono registrati 16 casi secondo l’Ema. Dai dati stati pubblicati anche sul numero di ieri del New England Journal of Medicine, l’efficacia della sola prima dose è stata stimata al 75%.

Ma i test dovevano accertare soprattutto la sicurezza del vaccino negli adolescenti. Il Covid-19 infatti raramente comporta rischi gravi per i pazienti più giovani, mentre vi erano molte incognite sulle reazioni ai vaccini a Rna messaggero, del tutto innovativi e mai sperimentati in questa fascia di età. I risultati sono apparsi rassicuranti: «Gli effetti collaterali più comuni negli adolescenti tra i 12 e i 15 anni di età sono simili a quelli osservati in persone di età superiore: dolore nel punto di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolori muscolari, brividi e febbre» scrive l’Ema. «Questi effetti sono generalmente lievi o moderati e migliorano nel giro di pochi giorni dopo la vaccinazione».

Va precisato, tuttavia, che con soli mille pazienti vaccinati è praticamente impossibile osservare l’incidenza di eventuali reazioni avverse più rare. Dunque solo gli studi sul campo permetteranno di valutare con accuratezza il profilo di sicurezza del vaccino.

ORA LE AUTORITÀ POLITICHE degli stati dovranno scegliere se utilizzare il vaccino anche in una fascia di età che oggettivamente corre un rischio molto basso nel caso di contagio (l’Italia potrebbe aprire dal 3 giugno a circa 2,3 milioni di ragazzi).

Non è di questo avviso l’Organizzazione mondiale della sanità, preoccupata per i focolai che colpiscono zone del mondo che non hanno potuto accedere ai vaccini accaparrati dai paesi ricchi (Italia compresa).  «Capisco che alcuni paesi intendano vaccinare i loro bambini e adolescenti» ha detto due settimane fa il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Tuttavia, in questa fase li invito a cambiare idea e a donare i vaccini a Covax (il programma con cui l’Oms intende portare due miliardi di dosi di vaccino nei paesi poveri)». A parole, e con molta retorica, tutti i governi hanno riconosciuto l’importanza allargare la campagna vaccinale ai paesi poveri, anche per frenare lo sviluppo di eventuali varianti capaci di aggirare i nostri stessi vaccini. Ma al momento di intraprendere azioni concrete, come donare numeri consistenti di dosi o rinunciare ai brevetti e allargare la produzione, finora ha prevalso il nazionalismo vaccinale.

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