Urueña, borgo spopolato e città del libro
Express La rubrica delle pagine culturali che fa il giro del mondo
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Non è un paradiso che può piacere a tutti, ma – per chi ama leggere – la minuscola Urueña, un comune spagnolo di circa duecento abitanti nella provincia di Valladolid, ha tutte le carte in regola per essere eletto a luogo ideale per vivere. Piccolo com’è, infatti, il villaggio conta più di dieci librerie (undici o dodici, a seconda delle versioni) e porta con giustificato orgoglio il suo appellativo di «città del libro».
Un miracolo? Naturalmente no. A trasformare Urueña in una mecca per le lettrici e i lettori più appassionati è stata nel 2007 una decisione delle autorità locali che – scrive Raphael Minder sul New York Times – «hanno investito circa 3 milioni di euro per aiutare a convertire gli edifici del villaggio in librerie, e per costruire un centro di esposizione e conferenze», offrendo un affitto simbolico di dieci euro al mese alle persone interessate a gestire una libreria. Un’idea non nuova, in realtà, e che ha il suo esempio più celebre nella cittadina gallese di Hay-on-Wye, che da decenni attira turisti da tutto il mondo grazie alla straordinaria concentrazione di carta stampata (libri nuovi e soprattutto di seconda mano) e a un festival letterario che si tiene ogni anno a cavallo tra maggio e giugno.
A rendere eccezionale il caso di Urueña, osserva Isaan Asenjo su Las Provincias, è che, a differenza del Regno Unito, la Spagna non si può certo definire un paese di forti lettori: «secondo uno studio del Centro de Investigaciones Sociológicas (CIS) il 35% della popolazione dichiara di non leggere ‘mai o quasi mai’» (opportuno qui astenersi dal confronto con le percentuali italiane, ancora più scoraggianti). Eppure la scommessa è stata vinta forse perché – scrive ancora Asenjo – «già prima di diventare un bastione della lettura, Urueña era la più piccola comunità spagnola con una libreria aperta al pubblico», e ospitava la Fondazione Joaquín Díaz, intitolata a uno studioso del folklore e delle tradizioni castigliane, che negli anni Novanta ha allestito in un palazzo del XVIII secolo un importante centro etnografico.
Insomma, le premesse erano buone, e di certo aiutano altri fattori: Urueña – sottolinea Minder – è stata scelta per le sovvenzioni «perché ha una posizione panoramica e una quantità di edifici storici, ed è inoltre facile da raggiungere, a poco più di due ore di macchina da Madrid e a una quarantina di chilometri dalla città medievale di Valladolid». Ma il successo indubbiamente non è mancato: basti pensare che nel 2021, in piena pandemia, l’ufficio locale del turismo ha registrato 19mila visitatori, una cifra prudente, cui sfuggono i molti turisti che si sono mossi in autonomia.
Questo non vuol dire che lo scenario sia tutto roseo: Tamara Crespo, che insieme al marito gestisce una libreria specializzata in volumi di fotografia, rileva come alcuni librai, contrariamente alle regole dei finanziamenti, aprono solo nei fine settimana e soprattutto che in questi anni la popolazione del borgo ha continuato a diminuire. Lo conferma il sindaco, Francisco Rodríguez: «Diventare una meta turistica non è bastato per far aumentare il numero dei residenti a tempo pieno», in tutto un centinaio appena.
Ma Joaquín Díaz, cantante folk che si è trasferito a Urueña negli anni Ottanta, ribatte: «Oggi la vita nelle campagne spagnole è molto più facile, e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che i libri potessero aiutare a salvare questo villaggio». Un modello per i borghi spopolati italiani?
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