Uomini contro scimmie tra le rovine del pianeta Terra
Cinema Nel deserto estivo arriva Apes Revolution di Matt Reeves, sequel del reboot L'alba del pianeta delle scimmie. Ritorno a San Francisco, dove si è barricata l’umanità, lontana dalla foresta degli animali. Scontri, citazioni, ammiccamenti a un prossimo episodio ma senza manicheismo
Cinema Nel deserto estivo arriva Apes Revolution di Matt Reeves, sequel del reboot L'alba del pianeta delle scimmie. Ritorno a San Francisco, dove si è barricata l’umanità, lontana dalla foresta degli animali. Scontri, citazioni, ammiccamenti a un prossimo episodio ma senza manicheismo
É passato qualche anno dall’episodio precedente. L’umanità è stata decimata dal virus che avrebbe dovuto guarire l’Alzheimer, e invece ha permesso alle scimmie di evolversi. Ora la comunità umana residuale vive barricata nella zona di San Francisco, comandata da Dreyfuss, l’ennesimo imbecille convinto che le armi siano la soluzione e non il problema. E sempre a caccia di colpevoli estranei i sopravvissuti ritengono le scimmie responsabili dell’epidemia e non gli scienziati. Poco distanti, oltre il ponte, nella città villaggio costruita nella foresta di sequoie, vivono invece le scimmie capitanate da Cesare, lo scimpanzé divenuto un vecchio saggio che deve tenere a bada gli ardori bellicosi del bonobo Kobo. Quando un drappello di uomini entra nella foresta e uno di loro ferisce una scimmia sparando, Cesare riesce a gestire la situazione e li fa liberare, ma il giorno dopo l’esercito dei primati giunge a San Francisco per dare l’ultimatum all’umanità: non devono più avvicinarsi alla foresta.
Inutile dire che non sarà così. E che sia tra gli uomini che tra le scimmie si scontreranno falchi e colombe, giusto per completare lo zoo. Diciamolo subito, dopo tanti film senza cinema Apes Revolution è una boccata d’aria, se non proprio freschissima, visto che siamo al sequel di un reboot, almeno rinfrescante. Del resto l’obiettivo è anche quello di raddrizzare, almeno in parte, un’estate gestita in modo autolesionista da parte dei responsabili dell’industria cinematografica. Ognuno si è tenuti i film importanti per l’autunno quando i vari titoli si confronteranno all’insegna del cannibalismo con danno di tutti. Soprattutto del pubblico, costretto a sorbirsi tre mesi di fondi di magazzino o quasi.
E allora benvengano le scimmie che nel frattempo hanno perso il regista Rupert Wyatt sostituito da Matt Reeves (Cloverfield). Disperso anche James Franco, lo si intravede solo nel riepilogo stringatissimo della puntata precedente. É invece in gran forma Andy Serkis che impersona Cesare. Meglio, offre smorfie e movimenti allo scimpanzè capo. I più giovani non staranno a pensarci un attimo, ma il pubblico più adulto avrà modo di chiedersi un’infinità di volte: «ma come avranno fatto?». Perché è vero che con gli effetti digitali ogni fantasia cinematografica sembra poter diventare praticabile, ma qui (come in altri film che hanno usato tecniche analoghe) siamo all’interpretazione magistrale degli animali. Gli attori cani continueranno a sopravvivere, ma nel frattempo tutte le sfumature del regno animale sono in grado di essere rappresentate su grande schermo attraverso interpretazioni molto efficaci.
Il 3D continua a impazzare, non si capisce se questa opzione venga esercitata pensando all’ipotetica tv del futuro solo in 3D, oppure per estorcere qualche euro in più al presente con la vendita maggiorata del biglietto. Di certo non si avvertiva alcuna necessità e le scelte operate non giustificano il ricorso alla tridimensionalità (che oltretutto, costringendo agli occhiali, fa perdere luminosità e spesso è fruibile al meglio solo con una visione perpendicolare allo schermo).
Detto tutto questo Apes revolution è appassionante, anche nel suo non voler essere manicheo determinando il tifo per una o per l’altra squadra. Va però detto che mentre Cesare è un leader responsabile, affiancato da qualche traditore guerrafondaio, Dreyfuss all’opposto è un maledetto malfidente che punta tutto sulla supremazia militare mentre lo scienziato buono Malcolm, rischia in prima persona nel tentativo di arginare la voglia di guerra del suo capo.
Nelle due ore abbondanti di spettacolo c’è spazio per effetti, scontri furibondi, battaglie tonitruanti, citazioni degli episodi precedenti, predisposizione per quelli futuri, solidarietà tra primati («una scimmia non uccide un’altra scimmia», frase ricorrente e non sempre osservata). E una metropoli ormai sfasciata da uomini che hanno portato la propria specie alla rovina, dove le stazioni di servizio 76rs, che arrivano a illuminarsi in una sequenza emozionante, ricordano anche a tutti che la rivoluzione americana è così potente da riuscire, quasi 250 anni dopo, a far parlare le scimmie, in inglese.
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