Italia

Un’odissea a lieto fine per puro caso

Migranti Tratti in salvo i 126 siriani alla deriva su un barcone con il mare forza 9. Grazie a un telefono cellulare. Il sindaco di Crotone plaude al salvataggio, poi sbarra le porte della stazione a 200 senzatetto immigrati

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 3 dicembre 2013

Nelle stesse ore in cui Enrico Letta stendeva il tappetino rosso per accogliere Nethaniahu, Grillo si produceva nel solito show circense, e Alfano, titolare del dicastero competente, anziché sulla tolda di comando del Viminale, si dilettava a concedere interviste a destra e a manca per rispondere alle bordate di Berlusconi e Renzi, andava in onda a reti unificate il reality show del terrore in mezzo al mare, l’ennesima puntata della roulette russa del Mediterraneo.

L’odissea di 126 migranti siriani alla fine si è conclusa lietamente. Ma per puro caso. Un colpo di fortuna provvidenziale, che ha impedito l’ennesima “Lampedusa”. Perché se un egiziano, in possesso di un telefono satellitare, non avesse comunicato in tempo che un barcone di rifugiati siriani era alla deriva, a 70 miglia a sud est del porto di Crotone, di sicuro l’imbarcazione si sarebbe ribaltata. In mezzo ai flutti dello Jonio, tra onde alte dieci metri, la tramontana a 40 nodi, il mare forza 9. Dopodiché tutti a contare i morti. Invece, il trasbordo è riuscito e sono giunte in serata nel porto di Roccella Jonica le due unità della guardia costiera su cui erano stati trasferiti i migranti.

L’avvicinamento al barcone e il trasbordo sono stati resi possibili dal miglioramento delle condizioni meteo-marine. La salute degli immigrati è buona. Nel gruppo di stranieri molte donne e una ventina di bambini. I ministri Alfano e Mauro hanno espresso soddisfazione perché il dispiegamento di mezzi e uomini (aerei, pattugliatori ed elicotteri della Marina militare, un elicottero Aw139, un velivolo Atr 42 della Capitaneria di porto e un velivolo Atlantic dell’Aereonautica militare con equipaggio misto Marina-Aeronautica) ha impedito la tragedia. Niente di più ipocrita. Perché, visto da un’altra prospettiva, quella degli antirazzisti, anche solo aver corso il rischio di una nuova ecatombe è da irresponsabili. Ma, d’altronde, le larghe intese d’Europa hanno fatto carta straccia dell’unica proposta sensata per governare il fenomeno: rendere operativo un corridoio umanitario dal nord Africa verso l’Europa, e affermare il diritto d’asilo continentale. I nostri governanti, capaci di proiettare la sovranità fin all’interno del continente africano per esternalizzare le frontiere, finanziare centri di detenzione, pattugliare e respingere, avrebbero invece il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far sì che chi fugge dalla morte per raggiungere l’Europa, non trovi la morte nel proprio cammino. C’è un altro modo di guardare a chi fugge dalla guerra che non sia l’attesa per l’approdo di una barca, a volte per soccorrerla, altre per respingerla, altre ancora per recuperarne il relitto. E si chiama canale umanitario.

Tutto il resto è retorica. Come quella del sindaco di Crotone, Peppino Vallone (Pd), che si è detto felice per il salvataggio del barcone. Lo stesso che, nel mentre, ha sbarrato le porte d’accesso della stazione ferroviaria ad altri 200 immigrati che avrebbero voluto dimorarvi nella notte per ripararsi dalla pioggia e dal freddo. E invece, dopo un lunga notte trascorsa in balia dell’acqua e del vento, i migranti hanno passato tutta la giornata di domenica con inquietudine sempre bagnati, in assenza di un posto in cui trovare riparo. Nelle sale d’attesa della stazione infatti «è vietato pernottare», parola del sindaco. Nei sottopassaggi, dove spesso si ammassano, con la pioggia incessante e il fiume Esaro che minaccia di esondare, il rischio sarebbe ingestibile.

Molti di loro, dopo esser stati esposti alle intemperie degli ultimi giorni, hanno la febbre alta. Non hanno alcun riparo se non i cartoni e le coperte distribuite dalla Croce Rossa e dai volontari di On the road, che dopo l’allerta meteo hanno organizzato un giro di emergenza. Il freddo, accompagnato dall’umidità, fa sentire ancora più i suoi morsi. Anche perché è difficile accendere i fuochi con cui di solito si riscaldano all’aperto. Supplicano aiuto ed accoglienza da qualsiasi parte, consapevoli che continuando ad aspettare in queste condizioni è a rischio la loro vita. Ma il sindaco è contento così.

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