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Uno scandalo senza parole

Uno scandalo senza paroleIl presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta

Sicilia Alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio, l’Espresso all’attacco di Crocetta: non ha replicato a parole orribili contro l’ex assessora Borsellino. Ma la procura smentisce l’intercettazione

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 17 luglio 2015

Domani avrebbe dovuto accogliere a Palermo il presidente della Repubblica per la cerimonia ufficiale di ricordo della strage di via D’Amelio, presenti i capi degli uffici giudiziari siciliani. Ma Rosario Crocetta ieri si è autosospeso da presidente della regione Sicilia, lo ha fatto in lacrime dopo aver letto l’anticipazione dell’Espresso che lo accusa scrivendo di un’intercettazione telefonica nella quale il presidente non replicherebbe alle parole terribili del suo medico e primario palermitano, Matteo Tutino, contro l’ex assessora regionale alla sanità Lucia Borsellino: «Va fermata, fatta fuori. Come suo padre».

Tutino è indagato per truffa, falso e abuso d’ufficio e da tre settimane è agli arresti domiciliari. Ma l’indagine del Nas dei carabinieri è partita oltre due anni fa, nei primi mesi del 2013. Mentre Lucia Borsellino, che dalle elezioni del 2012 ha resistito tre anni alla sanità al fianco di Crocetta malgrado i frequenti cambi nella giunta, si era dimessa all’inizio di luglio proprio a seguito dell’arresto di Tutino. Le voci sull’esistenza di intercettazioni compromettenti circolavano da tempo. Ieri mattina la pubblicazione sul sito dell’Espresso (oggi in edicola) ha provocato un terremoto: l’autosospensione del presidente non frenato la valanga di richieste di dimissioni, con il Pd in prima fila. Poi nel pomeriggio la smentita della procura.
«Agli atti di quest’ufficio, e in particolare nell’ambito del procedimento nel quale è stata emessa ordinanza di arresti domiciliari nei confronti del Tutino – ha garantito il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi – non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino ed il Crocetta del tenore sopra indicato». Non solo. Il magistrato ha aggiunto che «i carabinieri del Nas che hanno condotto le indagini hanno escluso che una conversazione del suddetto tenore sia contenuta tra quelle registrate nel corso delle operazioni di intercettazione nei confronti del Tutino». Se le smentite degli avvocati di Crocetta e Tutino non potevano bastare a fermare le polemiche, quella di Lo Voi è apparsa categorica proprio perché fatta anche a nome dei carabinieri. Non potrebbe dunque trattarsi di un’intercettazione non ancora trascritta. Anche perché sempre il procuratore ha assicurato di aver riascoltato tutte le telefonate intercettate nell’inchiesta su Tutino, senza trovare quella citata dall’Espresso.

Trascorsa qualche ora dalla nota della procura, il settimanale ha diffuso una conferma firmata dal direttore, Luigi Vicinanza. Nella quale si «ribadisce quanto pubblicato». Sostenendo che «la conversazione tra Crocetta e Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo». Una conferma che però va contro le prime righe dell’articolo dell’Espresso leggibile ieri online – firmato da Piero Messina – nel quale si spiega che le parole «pesantissime» di Tutino sono state «intercettate pochi mesi fa».

Prima della smentita della procura, Crocetta aveva sostenuto di non aver sentito le parole di Tutino, «forse c’era una zona d’ombra, non so spiegarlo, tant’è che io al telefono non replico. Se avessi sentito quella frase, non so… avrei provato a raggiungere Tutino per massacrarlo di botte, forse avrei chiamato subito i magistrati». Dopo la smentita ha parlato di «una giornata terrificante, che fa capire su quale bomba siede il presidente della regione Sicilia» e ha detto che «bisgna capire chi ha costruito il dossieraggio contro di me». Non è tornato però sulla sua decisione di «autosospensione», una formula inesistente nello statuto regionale siciliano, dove sono invece previste le dimissioni e nel caso le elezioni anticipate. L’unico precedente di auto sospensione riguarda l’ex presidente della regione Salvatore Cuffaro che fece il gesto dopo la condanna in primo grado per favoreggiamento a Cosa nostra – condanna poi divenuta definitiva – poco prima però di essere effettivamente sospeso dal presidente del Consiglio dei ministri in forza delle leggi antimafia.
E in serata dagli uffici della regione a Palermo si fa notare che l’auto sospensione è stata solo annunciata, ma non formalizzata.

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