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«Uno sbarco ogni due, tre ore»

«Uno sbarco ogni due, tre ore»

Il Viminale I dati del ministero. Fino a oggi il 15% di migranti in più rispetto al 2014

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 8 maggio 2015

Sono stati 630 i milioni spesi nel 2014 per l’accoglienza dei migranti. «Quest’anno spenderemo di più» ha spiegato ieri il capo dipartimento Diritti civili e immigrazione del ministero dell’Interno, Mario Morcone, in audizione al Senato alla commissione d’inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti. Gli sbarchi sono cresciuti: nel 2015 sono arrivate 33mila 831 persone, il 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2014 (oltre 7mila tra sabato e mercoledì). Così, in base alle proiezioni, probabilmente sarà superata la cifra record dell’anno scorso (170mila migranti) fino a sfiorare i 200mila. Un flusso, ribadisce Morcone, da organizzare con la gestione stabile e non con lo stato d’emergenza. «Abbiamo in accoglienza tra le 83mila e le 85mila persone, di cui 13mila minori non accompagnati – ha proseguito -. Poiché gli sbarchi avvengono ogni due o tre ore, i numeri sono in costante mutamento». Del resto anche la Germania ha rivisto al rialzo le stime: nel 2015 si prevedono oltre 400mila domande da parte di persone in cerca di protezione, oltre il doppio rispetto al 2014.

Nei cinque Cie ci sono attualmente 340 migranti. Tutte le associazioni ne chiedono il superamento, Morcone si difende: «Abbiamo adottato un nuovo regolamento, civile e avanzato». Ci sono poi quasi 21mila posti attraverso lo Sprar (il Sistema di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo) a cui se ne aggiungono ulteriori 10mila delle strutture nazionali (che dovrebbero essere riassorbite) e 43mila in quelle temporanee: il 21% dei migranti si trova in Sicilia; 12% nel Lazio; 9% in Lombardia; 8% in Puglia; 7% in Campania. Seguono le altre regioni con quote inferiori. Dalla fine del 2014 tutte le strutture sono state aperte con gara attraverso il sistema dell’offerta più vantaggiosa, eliminando il massimo ribasso. «Gli Sprar sono per noi la best practice – ha proseguito Morcone – , la soluzione a cui vorremmo ridurre tutto: sono progetti comunali finanziati all’80% dallo stato e stiamo ragionando se questo 80% può salire per i comuni virtuosi».

Capitolo a parte per i minori non accompagnati: «Fino al 31 dicembre scorso – ha proseguito il prefetto – il ministero non aveva alcun ruolo sui minori, dal primo gennaio 2015 ce ne siamo fatti carico, è una competenza che proprio non volevamo». Il primo bando ha stanziato 45 euro al giorno pro capite, in passato si pagavano dagli 80 ai 110 euro. «La cifra è bassa? – la replica – moltiplicando 45 euro per 30 giorni si arriva a 1350 euro al mese. Più di questo anche per mio figlio non potrei fare». Hanno fatto richiesta 16 strutture, autorizzate 10 del centro sud, nessuna in Lombardia, Veneto e Toscana. E’ in corso un secondo bando a cui hanno partecipato in 11, ogni regione non ne può avere più di quattro. Si tratta di accogliere soprattutto ragazzi tra i 15 e i 18 anni, quindi già formati, che hanno però bisogno di essere accompagnati verso l’inserimento. «C’è un alto numero di irreperibili. Vengono con numeri di telefono di parenti da contattare e non ci sono soluzioni non coercitive per non farli andar via. Siamo preoccupati soprattutto dalle ragazze nigeriane che hanno il destino segnato dalla tratta».

Procedono anche i lavori per gli hub regionali: terminati i lavori in quello dell’Emilia Romagna, dove è stato trasformato il Cie di Bologna; in Sicilia è stata individuata una caserma da ristrutturare; lo stesso a Civitavecchia, nel Lazio. Dagli hub le persone saranno inoltrate verso il sistema degli Sprar oppure in strutture aperte in via straordinaria. Lunghi i tempi delle commissioni per le richieste di protezione internazionale: sei mesi per decidere ma in caso di ricorso passa un altro anno e mezzo, quindi la media diventa due anni. «Le Commissioni – ha spiegato Morcone – sono state raddoppiate, da 20 a 40, e a oggi funzionano tutte anche se abbiamo fatto molta fatica per metterle in piedi». Ne fanno parte un presidente, un esponente della polizia, un rappresentante degli enti locali e uno dell’Alto commissariato per i rifugiati. «Siamo gli unici in Europa ad avere questo meccanismo – ha concluso -. Ho ritenuto che la commissione costituisse un elemento di garanzia e che non fosse sostenibile l’idea di affidare a una sola persona l’esame della domanda».

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