Unione Popolare, parte la raccolta firme: salario minimo a 10 euro
L'iniziativa Il testo e le informazioni necessarie per firmare. De Magistris: "Prevediamo l'inasprimento delle pene nei casi di omicidio sui luoghi di lavoro per tutelare la vita di chi lavora"
L'iniziativa Il testo e le informazioni necessarie per firmare. De Magistris: "Prevediamo l'inasprimento delle pene nei casi di omicidio sui luoghi di lavoro per tutelare la vita di chi lavora"
Salario minimo orario da dieci euro lordi. È la proposta lanciata ieri da Unione Popolare che ha iniziato a raccogliere le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare già depositata alla Corte di cassazione il 19 maggio scorso.
In occasione della festa della Repubblica «fondata sul lavoro», ieri il portavoce di Unione popolare Luigi De Magistris ha detto che «la dignità del lavoro si smarrisce sempre di più in un paese in cui le classi dominanti tutelano i super ricchi e colpiscono il popolo. Nella nostra proposta c’è quello che i governanti di oggi e di ieri non vogliono, e c’è l’espressa previsione, con l’inasprimento delle pene, dell’omicidio sui luoghi di lavoro per tutelare la vita di chi lavora».
Il testo è consultabile sul sito web di Potere al popolo. Per le informazioni sulla raccolta firme si può consultare lo stesso sito e scrivere a : telefonorosso.pap@gmail.com e su poterealpopolo2018@gmail.com.
Il testo è composto da cinque articoli. Nel primo si sostiene che per salario minimo da 10 euro lordi all’ora «deve intendersi riferita al livello di inquadramento più basso previsto dalla contrattazione collettiva». Il secondo articolo aggiunge che il minimo salariale sarà rivalorizzato il primo gennaio e il primo luglio di ogni anno sulla base dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Unione Europea (Ipca).
Al terzo articolo si legge che il salario minimo, così concepito, sarebbe applicato sia ai rapporti di collaborazione e alle prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative organizzate dal committente. La stessa regola dovrebbe valere anche nei casi in cui le prestazione siano organizzate mediante le piattaforme digitali. Il compenso non potrà essere complessivamente inferiore a quello stabilito dal contratto collettivo nazionale e «ogni lavoratore ha diritto al pagamento della tredicesima mensilità, delle retribuzioni differite, delle ore di lavoro straordinario, degli scatti di anzianità e altre competenze previste dai contratto nazionale di settore applicati al rapporto di lavoro e che prevedano una paga base non inferiore».
Le sanzioni sono previste nel quarto articolo. Si parla di multe da 1.500 a 9 mila euro per ciascun lavoratore retribuito in misura inferiore al salario minimo nel caso di trenta giorni di lavoro. Se invece lavorasse fino a 60 allora le multe crescerebbero da tremila a 18 mila euro. Nel caso di un lavoro più lungo di due mesi previste multe da seimila a 36 mila euro per ciascun lavoratore.
Alle aziende colpite sarà proibita anche la partecipazione alle gare pubbliche d’appalto di opere o di servizi, dalla concessione di agevolazioni finanziarie, creditizie o contributive e da finanziamenti pubblici di qualunque genere. Nel caso fosse approvata la legge permetterebbe di adeguare automaticamente, entro sei mesi, i contratti o gli accordi di lavoro con paga oraria inferiore al salario minimo di 10 euro lordi.
Dal 1990 a oggi l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui i salari sono crollati: -2,9%. Nel 2022 erano più bassi del 12% in termini reali rispetto al 2008, secondo il Global Wage Report 2022-23 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Ciononostante, né i governi Conte 1 e 2, né quello di Draghi, per non parlare di tutti quelli dal 1990 a oggi, hanno mai realmente avuto l’intenzione di introdurre una salario minimo. La presidente del Consiglio Meloni lo ha definito «buono sul piano filosofico ma nella sua applicazione rischia di essere un boomerang». Il governo preferisce il «taglio del cuneo fiscale». Poche decine di euro al mese ai dipendenti bruciati dall’inflazione.
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