Visioni

Un’eroina goffa per un mondo di divieti e irriverente nostalgia

Un’eroina goffa per un mondo di divieti e irriverente nostalgiaUna tavola di «Stronzetta»

Fumetti Incontro con la italo francese Élisa Marraudino, autrice del personaggio di «Stronzetta». Opera prima tra personaggi fuori dalle righe e icone generazionali

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024
Bambine terribili: un tema che nelle strisce a fumetti ha dato ottime prove di (r)esistenza, dalla Nancy/Zoe di Ernie Bushmiller, alla Lucy Van Pelt di Schulz, fino all’irresistibile Mafalda di Quino. Un fil rouge che oggi porta a Stronzetta, esordio Gallucci editore nel fumetto dopo oltre vent’anni di volumi illustrati e opera prima della sceneggiatrice e disegnatrice francese Élisa Marraudino. Classe 1998, mamma francese e papà italiano, un piede nella Bd (fumetti, ndr) e uno nell’animazione, la giovane autrice unica si dichiara orgogliosa dell’accostamento. E però: «Anche se il confronto con i personaggi che citi m’inorgoglisce, lungi da me l’intenzione di arricchire questa fantastica “galleria di caratteri”… durante un corso di fumetto a Parigi mi è stato chiesto di raccontare aneddoti personali. Da lì in poi, le mie storie sono venute da sé. Da bambina sono sempre stata magari inquieta ma tutt’altro che ribelle. Semmai Stronzetta arricchisce il catalogo delle eroine goffe, stuzzicate dal mondo e dai “divieti”, capricciose, un po’ perse e fissate sulle proprie icone generazionali… In generale, mi piace scrivere dei bambini, perché sono sempre imprevedibili ed esilaranti».
Élisa Marraudino
TRA I “GRAFFI” del volume c’è proprio l’intreccio tra le radici franco-italiane dell’autrice. Un pretesto per innumerevoli sfoggi di humour politicamente scorretto. Ma sono tanto terribili “les italiens”? «Sì, davvero, ma vi adoro così. In più, io parlo della mia famiglia italiana. Giorni fa, ho presentato ai miei parenti di Matera un’amica francese. Come saluto, mia zia l’ha sculacciata e le ha tirato i capelli, per poi abbracciarla forte. Non sapevo più dove nascondermi. A casa si urlano addosso così tanto parlando che da piccola pensavo che tutti si odiassero, al punto che una volta sono andata da mia madre, in preda al panico, per chiederle perché tutta la famiglia stesse litigando a tavola. Inoltre, hanno un inconsapevole amore per il kitsch, senza saperlo sono sempre molto stravaganti, drammatici e divertenti. Ma i francesi non sono da meno, sono “terribili” in ben altri sensi».
Stronzetta, però, usa come formidabile strumento comico anche l’immaginario transalpino, da Gainsbourg, a Halliday, Zidane eccetera… «Gainsbourg lo detesto istintivamente fin da piccola. Zidane invece è un’icona della mia infanzia, e quest’adorazione mi ha davvero colpito. Johnny è la mia anima rock, quella nerd, molto francese. E poi i tamagotchi, i braccialetti, “The Sims” e i peluche di me da piccola negli Anni 2000. Ma ogni “souvenir” è legato a una persona cara». Al di là di ogni deriva “nerd”, nel fumetto si tenta di sorridere ad altezza ya anche di argomenti come sesso, religione, malattia e morte, temi tabù in Italia, ma non Oltralpe, vedi il “Titeuf” di Zep. «Titeuf è stata una grande fonte d’ispirazione», sottolinea l’autrice francese. «Conoscendo bene i fumetti e i cartoni animati sul personaggio mi è venuto istintivo affrontare tematiche “difficili” anche nel mio lavoro. Ma durante i corsi di fumetto fatti tra Lione e Parigi mi hanno insegnato a non aver paura delle questioni controverse. Anche se tratta argomenti non facili per la loro età, i miei cuginetti hanno apprezzato il mio libro, e la lettura li ha spinti a fare domande interessanti ai loro genitori».
Da bambina andavo pazza per storie mostruose e argomenti tabù. Temo che oggi i racconti per i più piccoli siano troppo annacquati, ma loro sono molto più avanti
ANCORA: «Da bambina, andavo pazza per le storie strane e spaventose o gli argomenti tabù. C’era un senso di disagio e vertigine per ogni nuova scoperta. Temo che oggi le storie per bambini siano troppo annacquate, secondo me loro sono molto più attenti ed emotivamente intelligenti di quanto credano gli adulti e occorre incoraggiarli a interessarsi a cose lontane dalla loro zona di comfort e ad allenare il pensiero critico». Una cifra narrativa e stilistica, quella di Marraudino, che si riflette in un approccio creativo apparentemente “facile”, in realtà stratificato e complesso. «Sono cresciuta divorando cartoon, da Betty Boop, a Tom & Jerry, ma anche Looney Tunes e Barbapapà, e poi Cartoon Network. Tra i fumetti, oltre a Titeuf, seguivo Lou, I Puffi, Spirou, Boule & Bill e tanti altri. Adoravo leggere i libri di L’École des Loisirs, La Grosse Anger di Mireille d’Allancé, Tomi Ungerer, Philippe Corentin e sono una fan sfegatata di Claude Ponti e Rebecca Dautremer… E mi hanno molto influenzato le storie del Piccolo Nicolas di Sempé e Goscinny. Ma tra le mie fonti d’ispirazione più assidue c’è anche la cultura di Internet, blog, meme, e porcate varie. Credo però di aver trovato la mia “voce” a Parigi, circondata da artisti che sono diventati amici intimi e le cui opere mi hanno ispirato molto». In perfetta sintonia con quest’approccio, anche la tecnica di lavoro di Élisa mescola soluzioni antiche e attuali. «Quando ho un’idea per un fumetto, butto giù uno schizzo con testo e disegno: secondo me sono importanti l’uno quanto l’altro, per me il testo è già disegno, per così dire. Da questa “brutta” ricavo uno storyboard, che poi ricalco su carta spessa aiutandomi con il tavolo luminoso. Una volta ultimato il disegno a china, dipingo il tutto a pennello, e quando la tavola è asciutta, la scannerizzo, la pulisco e la rifinisco in Photoshop, letterando il tutto a mano. È un lavoro lungo perché sono un po’ maniaca del controllo, ma la matericità offerta dalla tecnica tradizionale dell’inchiostro mi dà una gran soddisfazione». Diverso è il caso delle produzioni animate, altro ambito in cui Élisa ha dato ottima prova di sé come character designer lasciando il ruolo di “control freak” ad altri: «Ho collaborato al design dei personaggi per un progetto di serie in qualità di co-autrice grafica: prima di dedicarmi ai fumetti, era questo il mestiere a cui aspiravo, perché adoro definire i personaggi. Ma il lavoro in uno studio di animazione prevede specifiche da rispettare e una regia esterna, a meno che tu non lavori su un progetto tuo non sei mai totalmente libero. Per questo preferisco i fumetti, dove ho totale libertà e controllo sull’essenza e il design dei personaggi e sulle loro storie».

MA ANCHE in Francia, fino a pochi anni fa un’isola felice per tutti gli autori di fumetto europei per la maggior dignità riconosciuta alla nona arte, quella con la nona arte sta diventando una liaison dangereuse: «Oggi quello del fumettista è uno status precario. Io ho la fortuna di poter contare su un aiuto economico da parte di mio padre, altrimenti non riuscirei a mantenermi, ma molti dei miei amici artisti non hanno questo privilegio. A guadagnarsi da vivere solo con la BD sono in pochissimi. La maggior parte degli autori, per sopravvivere, devono mettere insieme vari impieghi. A differenza dei miei colleghi nel cinema d’animazione, noi fumettisti non abbiamo diritto alla disoccupazione. Possiamo contare su borse di studio regionali o nazionali come il CNL, che mi ha aiutato con il secondo volume di “Stronzetta”, ma sono soluzioni selettive e insufficienti. La pensione artistica è un brodino tiepido che va a vantaggio di una minima parte dei fumettisti francesi, molto sotto quello che servirebbe per sopravvivere durante i nostri lunghi periodi di inattività e di una reale protezione sociale in caso di infortuni o malattie». Imprescindibile, quindi, continuare a far progetti per il futuro: «Sto lavorando a un fumetto in cui rielaboro un personaggio che avevo creato per il libro dei giochi estivi Super Sumo delle Editions Sulo. È un’altra ragazzina terribile, perché gira e rigira sono questi i personaggi in cui m’identifico di più. Ma siccome a differenza di “Stronzetta” non si tratta di storie brevi ma di un racconto di ampio respiro, mi sto facendo consigliare da un amico sceneggiatore, perché il lavoro mi spaventa un po’. L’approccio autobiografico è facile, la storia è già tutta lì e basta capire come raccontarla in maniera interessante, ma creare qualcosa dal nulla dà un po’ di vertigini. Speriamo bene!».

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