“Good Neighbors” (“Buoni vicini”). Si chiama così il programma avviato da Israele dopo l’inizio della guerra in Siria che garantisce assistenza ai jihadisti sunniti schierati contro Damasco e ai civili siriani attraverso le linee armistiziali tra i due paesi, nel Golan occupato. Tuttavia nel corso degli anni questo programma in apparenza solo umanitario – Israele sostiene di aver fornito sino ad oggi assistenza medica a circa 3 mila siriani nel Golan e di aver curato nei suoi ospedali centinaia di bambini feriti o ammalati – è andato ben oltre i rapporti di “buon vicinato” tanto che ora prevede anche l’invio di carburante, generi alimentari e di altri “rifornimenti” non meglio precisati. A scriverlo è il quotidiano americano Washington Post che sottolinea come lo scopo di tutto ciò sia finalizzato a creare una “zona amica”, ossia una “zona cuscinetto” tra Israele e Siria.

Grazie anche all’appoggio israeliano i jihadisti controllano ancora buona parte del lato siriano del confine tra i due paesi e Tel Aviv intende impedire che gli equilibri attuali subiscano mutamenti. Secondo il Washington Post almeno una dozzina di gruppi armati ha ottenuto un sostegno anche finanziario da Israele che in cambio ha avuto un maggiore accesso a informazioni d’intelligence necessarie per attuare la sua strategua in Siria. In sostanza i cosiddetti “ribelli” siriani riferiscono a Israele dei movimenti dei combattenti del movimento sciita libanese Hezbollah e dei volontari e consiglieri militari provenienti dall’Iran. Non è da escludere che, sempre i “ribelli”, forniscano a Tel Aviv informazioni utili per colpire i (presunti) convogli di armi per Hezbollah presi di mira dall’aviazione israeliana dal 2013 in poi e altri obiettivi sul suolo siriano. L’ultimo attacco risale alla scorsa settimana ed ha colpito una struttura militare per la produzione di razzi a Maysaf, nei pressi di Hama. Israele ha bocciato gli accordi di “de-escalation”, finalizzati lo scorso luglio da Mosca e Ankara, che hanno portato ad una tregua parziale in Siria, perché a suo dire favorirebbero i “progetti” di Hezbollah e Iran di stabilire basi a ridosso del Golan. (mi.gio)