Una vera follia tagliare il parco Sirente Velino
È inaccettabile che in questo momento storico, in cui la riflessione sul concetto di ecologia globale è alla base del necessario e urgente ripensamento antropico e geopolitico mondiale, la Regione […]
È inaccettabile che in questo momento storico, in cui la riflessione sul concetto di ecologia globale è alla base del necessario e urgente ripensamento antropico e geopolitico mondiale, la Regione […]
È inaccettabile che in questo momento storico, in cui la riflessione sul concetto di ecologia globale è alla base del necessario
e urgente ripensamento antropico e geopolitico mondiale, la Regione Abruzzo voglia ridurre il Parco regionale Sirente Velino».
Si apre così l’appello che cinquanta autorevoli personalità del mondo della scienza e della cultura hanno indirizzato al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio per scongiurare il taglio del Parco Sirente Velino: dopo la prima firma di Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia, seguono quelle di chi studia specie e habitat, come i professori Sandro Pignatti e Sandro Lavori, di chi ha raccontato l’Abruzzo o da questa regione ha tratto ispirazione per le proprie opere come Dacia Maraini e Donatella Di Pietrantonio, e ancora di professori e rettori universitari, giornalisti e i presidenti delle aree protette nazionali presenti in Abruzzo. Tutti uniti contro il taglio di oltre 8.000 dei 54.000 ettari dell’unico parco regionale, tassello fondamentale della tutela della natura appenninica. Una proposta avanzata dalla Giunta regionale che sta incontrando una forte resistenza da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno già raccolto quasi 85.000 firme in una petizione on-line, e di un comitato di cittadini che venerdì scorso ha organizzato un primo, partecipato sit-in di protesta davanti alla sede del Parco a Rocca di Mezzo (AQ). Il metodo seguito è ben collaudato: in questi anni il Parco è stato abbandonato dalla politica regionale che ha già tagliato il suo perimetro, lo ha lasciato con pochi fondi e senza guida commissariandolo dal 2015. Ciò ha provocato il malcontento anche tra chi aveva visto nell’area protetta un’occasione per contrastare il drammatico spopolamento di queste montagne. Malcontento che viene ora cavalcato dalla lobby dei cacciatori desiderosa di vedere aumentati i territori di caccia. Ogni scusa è buona per dare la colpa al Parco: i danni dei cinghiali (che sono stati immessi nel passato a scopo venatorio), i ritardi della ricostruzione post terremoti, la mancanza di servizi nei paesi.
Di fronte ai propri fallimenti, gli amministratori scelgono di non governare, ma di individuare un capro espiatorio nell’area naturale protetta, che nella maggior parte dei casi non ha alcuna competenza per affrontare questi problemi e che comunque gli stessi amministratori hanno lasciato senza guida e senza fondi. Un parco frammentato è un parco debole sul cui territorio potranno riprendere forza anche i progetti più devastanti. «Il Parco Sirente Velino subisce molte altre minacce», sottolinea Filomena Ricci, delegata del Wwf Abruzzo. «La Regione ha già autorizzato la costruzione di 7 nuove piste da sci. I nuovi impianti danneggeranno la copertura erbosa costituita da elementi vegetali protetti e di pregio e metteranno in pericolo specie faunistiche tutelate. Ma il vero nodo è la scelta politica del progetto: si continuano a spendere soldi pubblici per opere che non porteranno reali benefici alle comunità in un territorio che nei prossimi anni sarà sempre meno innevato a causa dei cambiamenti climatici. Il tutto in nome di una visione superata dello sviluppo della montagna».
Non è un caso che l’appello sottolinei il valore non solo conservazionistico dell’area protetta, ma anche culturale, storico ed economico: su queste montagne si combatte una battaglia tra un passato che ritorna e un futuro che non riesce ad arrivare.
* vicepresidente Wwf Italia
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