ExtraTerrestre

Una tredicenne ribelle nel mondo selvatico dell’appennino centrale

I Quando Sara, la protagonista tredicenne del romanzo di Arjuna Cecchetti Non pensarci due volte (uscito per Dalia Edizioni e vincitore del premio Demetra per la letteratura ambientale), decide di […]

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 novembre 2022

I Quando Sara, la protagonista tredicenne del romanzo di Arjuna Cecchetti Non pensarci due volte (uscito per Dalia Edizioni e vincitore del premio Demetra per la letteratura ambientale), decide di rifugiarsi nei boschi dell’Appenino Umbro- Marchigiano, non è solo il paese e le sue relazioni problematiche che si lascia indietro, ma un intero schema di pensiero che separa, setaccia, omologa.

INIZIA COSI’ IL LUNGO viaggio fra i sentieri scavati «dai tassi, dai ricci, dalle volpi, dai gatti selvatici, dai cani randagi» di questa adolescente munita di pochi utensili, tra cui un fucile, e di quella conoscenza della natura concreta e senza fronzoli volta alla sussistenza che fino a un paio di generazioni fa era patrimonio pressoché comune. Il tentativo di fuggire da una situazione complessa (così come è d’altronde la vita) che l’ha portata ad essere emarginata prima, in quanto figlia di padre migrante dell’Est e a rimanere senza genitori poi, diviene però il pretesto per intraprendere un viaggio alla scoperta di sé. L’iniziale mimetizzazione si trasforma in vera e propria fusione con una natura mai bucolica, dove si ricostruisce il ciclo in cui tutto ritrova una sua ragione, anche la morte.

«SCRIVENDO MI SONO accorto che emergeva man mano un sistema intricato di relazioni tra la protagonista e l’ecosistema che attraversa – ha spiegato l’autore – la cultura occidentale ci ha abituati a pensare di avere la possibilità di dirigere la natura verso le sensazioni che vogliamo, invece qua la massa vegetale e animale non è comandata da Sara, anzi a volte la sovrasta, in un interscambio democratico che fornisce gioie, ma anche pericoli e impressioni di ogni tipo».

IL RACCONTO SI DIPANA dapprima rarefatto e ci fa entrare in un ambiente in cui all’inizio facciamo fatica a trovare riferimenti, proprio come nel buio di una radura da soli nella notte boschiva. Le paranoie iniziali della protagonista, circondata dai rumori della natura, dagli ululati, dagli scricchiolii, diventano subito anche le nostre, ma pian piano con lei ci addentriamo sempre di più in quella vita, riconoscendone la logica e trovando numerosi richiami. Ecco quindi che la storia di Sara si delinea ed emerge, attraverso il racconto in prima persona e a quello che fa affiorare i ricordi, che si legano alle esperienze disseminate di incontri. In particolare con gli animali, che non sono mai trattati come pet, animali da compagnia o secondo l’idea con cui siamo abituati a pensare che abbiano bisogno di noi.

E’ IL CASO IN CUI TROVA il cavallo o il cane randagio, che non vuole con sé perché deve già pensare alla propria sopravvivenza e che ritroverà più avanti nell’incontro poco amichevole con i lupi, obbligandoci in maniera onesta a ripensare il nostro rapporto con i grandi carnivori, un patrimonio raro in Europa con cui dovremmo imparare a convivere. Con i diversi paradigmi di pensiero innescati dalla visione animale, i borghi rimangono sullo sfondo, ma tanto basta per aprire degli squarci da cui è possibile osservare un mondo alle prese con una trasformazione troppo rapida, in cui si restringe inaccettabilmente lo spazio per la vita selvatica e per l’idea di libertà che essa porta con sé.

«I PAESI CHE SI INTRAVEDONO nel racconto non rispondono mai alla narrazione del borgo perfetto che ci viene spesso proposta, che è del tutto artificiale e non tiene conto delle numerose fratture sociali che in essi coabitano», ha puntualizzato ancora Cecchetti, ricordando come in particolare il discorso sia cocente per quelle terre del centro Italia colpite dal sisma del 2016. I tempi esageratamente dilatati con cui sta avvenendo la ricostruzione in alcuni paesi hanno portato infatti all’abbandono da parte dei loro abitanti e alla tentazione di convogliare i fondi verso progetti pensati più per attrarre turismo che per riportare la vita sul territorio, come fosse un parco giochi. In questa cornice, la figura della protagonista, anarchica e fuori dagli schemi, ha il potere di trasportarci in una zona atavica che fa leva anche su conoscenze sedimentate e solo sopite, creando quel reset necessario per ricordarci che anche noi siamo animali.

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