Una tomba tra Gramsci e Gadda. L’ultimo saluto ad Andrea Camilleri
Lo scrittore che si diceva ateo e comunista è stato sepolto a Roma, nel cimitero acattolico. L’omaggio della sindaca Raggi, del ministro della Cultura Bonisoli e tanta gente comune
Lo scrittore che si diceva ateo e comunista è stato sepolto a Roma, nel cimitero acattolico. L’omaggio della sindaca Raggi, del ministro della Cultura Bonisoli e tanta gente comune
Qualcuno si accende una sigaretta, simbolo della tenacia politicamente scorretta del tabagista Andrea Camilleri, e respira a pieni polmoni. Poi indirizza il fumo verso la sezione di terreno affidata allo scrittore. Siamo all’ombra di una statua dell’Angelo della Resurrezione e di un pino secolare, due simboli del rapporto col tempo, della finitezza dell’essere umano e della potenza della scrittura di andare oltre la durata del corpo fisico dell’autore.
È STATO SEPOLTO ieri mattina al cimitero acattolico e degli stranieri di Roma, Camilleri. Il suo corpo è stato tumulato in una cerimonia privata, ristretta ai suoi affetti più cari. Lo spazio riservato ai resti dello scrittore scomparso l’altroieri a 93 anni si trova tra quello destinato a Carlo Emilio Gadda e il cippo che segnala la tomba di Antonio Gramsci. Camilleri veniva spesso qui a passeggiare, adesso riposa in mezzo a due personaggi che sintetizzano le componenti essenziali della sua produzione intellettuale. Chiunque, leggendo i suoi libri riconoscerà l’influenza del genio inventivo linguistico dell’autore del Pasticciaccio e la carica politica rigorosa e visionaria del fondatore del Partito comunista.
«Qui troverà tanti con i quali parlare», dice con parole affettuose Andreina Camilleri, figlia dello scrittore. La famiglia lo ha ricordato con le parole dell’indovino cieco delle Conversazioni con Tiresia: «Mi piacerebbe che ci incontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni». La stampa di destra, in un Paese che non riesce a seppellire i propri morti se non insieme alla libertà del pensiero critico, per l’occasione ha tirato fuori ancora una volta il marchio del «cattivo maestro».
LO SCENARIO È MENO grottesco, solenne e sobrio al tempo stesso. Rimanda al potere temporale e secolare della grande letteratura. Le note della cronaca, invece parlano di un pellegrinaggio composto, discreto. A qualche ora dalla tumulazione, in un pomeriggio caldo all’ombra della Piramide Cestia, sono venuti in tanti a salutarlo. Si mettono silenziosi in fila e aspettano il loro turno per entrare in questo cimitero appena fuori dalla città storica. Qui un tempo venivano seppelliti i non battezzati. Poi è diventato un luogo di culto laico, il posto ideale scelto da Camilleri per salutare la sua gente, quelli ai quali fino all’ultimo ha voluto raccontare le sue storie.
Questo saluto fatto di gente comune, attori e politici, uomini e donne di diverse generazioni, non conosce un momento centrale. È un flusso di volti che sorridono e si commuovono, di biglietti lasciati sulla terra nuda e persone che si aspettano lungo il sentiero in mezzo alle tombe per scambiarsi un ricordo di conforto. È una anomala cerimonia materialista in terreno sconsacrato, per ricordare uno che si diceva comunista e si dichiarava ateo, ma che pensava che la lotta per l’emancipazione e l’uguaglianza incarnasse il più profondo spirito del cristianesimo.
È la celebrazione di una vita vissuta sempre a cavallo delle categorie commerciali e delle etichette culturali, costeggiando le mura di cinta dell’industria culturale e di tanto in tanto facendo delle incursioni nel cuore della cittadella. Fuori dalle mura, tra i non battezzati, riposa da ieri Camilleri, l’autore di bestseller, un campione di vendite che ha scritto soprattutto per una casa editrice di culto fino al suo boom difficile da considerare mainstream.
CAMILLERI L’ANTIFASCISTA, ha scelto un luogo che si trova a due passi da porta San Paolo, quello che è considerato il teatro del primo combattimento della Resistenza romana. L’autore che si è divertito ad andare a spasso lungo la distanza che separa il vero dal verosimile, aprendo di continuo alla narrazione romanzesca la porta della realtà e del realismo, sceglie una location che costringe a pensare, ricordare e anche a documentarsi.
Ci sono i due Montalbano del piccolo schermo, lo storico interprete Luca Zingaretti e il giovane commissario Michele Riondino. C’è il «collega» Nicola Lagioia, nelle vesti anche di direttore del Salone del libro di Torino. Lagioia ricorda di quando Camilleri scelse di portare la sua solidarietà agli occupanti del Teatro Valle, raccontando loro che le tavole di quel palco (tuttora chiuso dopo lo sgombero) ospitarono una delle prime messe in scena di Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello. Poi i politici.
La sindaca Virginia Raggi sottolinea il rapporto dello scrittore con Roma e annuncia di valutare la cittadinanza onoraria, l’Assemblea capitolina ha votato all’unanimità per intitolargli la Casa della letteratura. Il ministro della cultura Alberto Bonisoli mette in programma un evento a Porto Empedocle per il 6 settembre prossimo, il giorno in cui Camilleri avrebbe compiuto 94 anni. La deputata ed ex presidente della camera Laura Boldrini evoca «l’impegno di Camilleri per gli ultimi».
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