Una storia inquietante che anticipa il nostro presente
Narrativa «Nero. Il complotto dei complotti» di Luca Giommoni. Usa, anni Cinquanta, il protagonista vive in una realtà che manipola anche le sue propensioni
Narrativa «Nero. Il complotto dei complotti» di Luca Giommoni. Usa, anni Cinquanta, il protagonista vive in una realtà che manipola anche le sue propensioni
Nella raccolta di saggi Un uomo senza patria Kurt Vonnegut scrive: «Ho inventato bugie che si incastrassero per benino e ho reso un paradiso questo mondo meschino», una dichiarazione d’intenti che scandisce bene come solo un mondo altro può salvare le ragioni dell’umanità. Proprio partendo dall’umorismo sottile, cinico e arrabbiato dallo scrittore statunitense, si può attraversare l’oceano e approdare a Nero. Il complotto dei complotti (effequ, pp. 408, euro 19) di Luca Giommoni. In verità il rimando va nella direzione opposta, giacché in un omaggio implicito è proprio Nero, il protagonista, un disincantato e sensibile amante dei complotti di cui ne riconosce i meccanismi perversi e incontrollabili, che raggiunge gli Stati Uniti degli anni Cinquanta attraverso il totem eliminacode del Centro per l’Impiego. Quest’ultimo un macchinario con lo scopo di trovare lavoro nel passato ai disoccupati cronici del presente – per liberarsene, in altre parole. Ma chi è (o era) Nero nel presente? Uno dei tanti perennemente attanagliato dal formalismo del sistema di collocamento, stretto fra barriere sociali che si fanno costrutti mentali capaci di avviluppare le poche certezze, costretto a commisurarsi con circostanze a dir poco kafkiane anche a causa della misteriosa Circolare Salvatempo.
QUANDO SI VA AVANTI e indietro sulla linea temporale si incappa nei paradossi temporali (e non solo), anche perché chi domina la macchina del tempo usa il passato per mutare quello che diventerà il presente. Per fare il bene o il male. Ma cosa accade se il contesto dove il protagonista è inserito manipola anche le sue propensioni? Nero lo scopre nel suo viaggio; da timido e impacciato idealista, entrato negli alti ranghi del potere, diventa un «Busenga», cioè l’epiteto inventato con cui, nel presente, appellava gli scaltri arrivisti incrociati agli inutili colloqui di lavoro.
Nel romanzo Giommoni si avvale di vari registri, da quello burocratico a quello tecnico, sempre però annodati dal tono favolistico con cui aveva ben tornito il suo primo romanzo sull’immigrazione, Il rosso e il blu. Una scelta stilistica che, insieme ai trick narrativi, all’ironia e al credibile sguardo sul presente, permette di far emergere la stupidità di certe condotte umane senza forzature iperboliche. Se la fantascienza opera ideando congiunture impossibili fra frangenti storici e sociali disparati, parrebbe invece segno dei tempi uscire con un romanzo il cui l’intreccio narrativo si nutre di complotti proprio nel momento in cui è tornata l’autocrazia trumpiana.
NERO SI INSERISCE nel filone della fantascienza sociale, impegnata a denunciare le criticità del presente, di cui hanno tracciato le linee autori come H. G. Wells, Orwell, Margaret Atwood e appunto Vonnegut.
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