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Una storia «formativa» che rimuove la complicità con l’Olocausto

Una storia «formativa» che rimuove la complicità con l’Olocausto

Il Comune di Roma e l'ingegner Stoelcker L'imprenditore italo-tedesco sarà al centro di un incontro educativo al Museo in Trastevere sull'architettura fra le due guerre. Ma sarebbe meglio ricordare il suo contributo allo sforzo bellico nazista e al sistema concentrazionario

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 29 febbraio 2020
Stoelcker e Speer

L’incontro Architettura e ingegneria a Roma tra le due guerre nell’attività dell’imprenditore tedesco Rodolfo Stoelcker (4 marzo, Museo di Roma in Trastevere) è un evento inserito nel programma capitolino «Educare alle mostre, educare alla città», con il contributo di biblioteche, università, accademie e istituti storici. «Patrimonio Comune, Conoscere è Partecipare» è lo slogan di questa serie di eventi, con relativo attestato di formazione, ma se il conoscere è tarpato da omissioni, diviene mistificazione della storia e banalizzazione del reato più grave: complicità nell’Olocausto.
Una pagina vergognosa per l’Italia e il suo sistema imprenditoriale fu, infatti, la partecipazione delle imprese italiane allo sforzo bellico nazista e al sistema concentrazionario. Il 14 marzo 1942 sotto gli auspici della Federazione Fascista delle imprese edili e della costruzione, e del suo presidente l’ing. Aurelio Aureli, fu firmato a Roma un contratto d’appalto tra 50 aziende italiane e l’industria chimica tedesca IG Farben con l’invio di 10mila lavoratori specializzati e non, in quattro cantieri industriali della Farben. Tra essi, quello di Auschwitz dove, a sette km. di distanza, era in costruzione la fabbrica chimica Buna-Werke di benzina sintetica e nel quale le imprese romane, ing Stoelcker, ing Martini, ing Pagani, ing Palermo, l’anonima Edile Stradale e la piacentina G. Peotti s’impegnarono a fornire 1196 dipendenti per un primo appalto della durata di 8 mesi, rinnovabile su richiesta tedesca.

L’ingegnere Aurelio Aureli, già presidente della Lazio, per la sua opera d’intermediazione, il 23 aprile 1942 fu premiato dal Regime fascista con l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro. E Rodolfo Stoelcker? L’ingegnere italo-tedesco si affacciò alla ribalta dei grandi costruttori, partecipando alla fondazione della Ferrobeton e poi in proprio nel 1914 costituendo a Roma, l’ing Rodolfo Stoelcker Anonima Costruzioni. Ben presto divenne famoso per opere avveniristiche: la Casa dell’automobile 1929 e i garage di aziende del trasporto pubblico, Sta a Tuscolana e Atac a Trastevere. Grazie agli ottimi rapporti con il regime fascista partecipò all’edificazione, all’università La Sapienza (Lettere, Giurisprudenza e il Rettorato), ma anche ad appalti in tutta Italia. Il suo capolavoro fu il massiccio Ponte Amedeo di Savoia, dopo l’abbattimento di quello in ferro ai Fiorentini. Ma l’occasione per divenire un’impresa di rango internazionale giunse nel marzo del 1942, quando rispose entusiasticamente alla richiesta di partecipare allo sforzo bellico e industriale della Germania nazista.

La IG Farben, colosso monopolista della chimica, nel sito Auschwitz, nella località di Monowitz a sette km dal lager, stava facendo spianare da deportati ebrei e non, i terreni per le fondazioni del sancta santorum della genialità chimica tedesca: produrre benzina attraverso la sintesi del carbone. 1196 italiani, manovali, operai specializzati, tecnici e ingegneri, la maggior parte dipendenti dall’impresa Ing Rodolfo Stoelcker, lavorarono così bene, servendosi anche degli schiavi deportati che, alla scadenza dell’appalto, nel gennaio del 1943, la Farben e le Ss chiesero infuriati il loro ritorno dalle ferie natalizie. Grazie anche al contributo italiano, e all’ing Stoelcker, fu edificato quel complesso Buna–Werke e quella Torre del Carburo, dove il deportato ebreo Primo Levi lavorò dal 1944, poi descritta in Se questo è un uomo. Con la caduta del fascismo e l’Armistizio, Stoelcker ritornò a lavorare in Italia e nel dopoguerra collaborò con Morandi ad ultimare il ponte sul fiume Orta, prima di dichiarare bancarotta nel 1955.
Ci auguriamo che il 4 marzo, in occasione dell’evento, si alzi un grido di protesta dall’Anpi e dalla Roma antifascista affinché la cultura non sia messa, anch’essa, al servizio della rimozione della «banalità del male».
Antonio Camuso
Archivio Storico Benedetto Petrone
archiviobpetrone@libero.it

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