Visioni

Una storia famigliare e la fine del sogno italiano

Una storia famigliare e la fine del sogno italiano

Cinema «Fuori tutto» di Gianluca Matarrese vince il primo premio nel concorso doc italiani del festival di Torino. Il benessere degli anni settanta, la crisi del nuovo millennio. Protagonisti i genitori e la sorella del regista travolti dal debito

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 1 dicembre 2019

Tutto comincia in un reality show, sotto la Torre Eiffel, tra gli aspiranti famosi del piccolo schermo disposti a fare «quasi tutto» per essere prescelti – coppie o danzatrici ispirate, superpalestrati muscoli e tartaruga, facce e look di quelle a cui anni di tv-reality ci hanno abituati, uguali al di qua e al di là delle alpi. O forse comincia qualche decennio prima, nell’Italia del boom, quasi un reality anch’esso a cui stregati dallo stesso desiderio di affermazione parteciparono milioni di italiani in fuga verso il nord della modernità e dell’industria, quella Torino Fiat per prima che luccicava con le sue promesse di una vita nuova.

È LÌ CHE confusi nella moltitudine arrivarono anche i genitori del regista, è lì che si sono conosciuti e si sono innamorati, proprio alla Fiat, cominciando però a guardare altrove, ad altri sogni e altre promesse che avevano un nome vagamente esotico: Togo, la prima cooperativa nel commercio di calzature. La mamma vi entra come contabile, in breve col padre aprono diversi negozi, le cose vanno bene, si guadagna moltissimo, a lanciare il marchio ci sono – ancora una volta – le star televisive di quegli anni, l’Italia «popolare» e variopinta delle «veline», di Canalis, Merz, che si affolla fuori dai negozi e compra.

«Non vi è mancato nulla» ricorda la madre oggi guardando i filmini di un’infanzia italiana anni Ottanta, quella di Gianluca e di Giusy, sua sorella, tra tennis, viaggi, equitazione. E poi cosa è successo? La crisi del nuovo millennio, il precipizio dei fallimenti, i debiti, i dolori, la rottura … Fuori tutto, l’opera prima di Gianluca Matarrese – che ha vinto il concorso dei documentari italiani nel Torino film festival – è una storia famigliare e prima ancora una storia italiana, o meglio una storia di questo nostro tempo incerto, coi suoi movimenti in un’economia «viziata» che definisce il senso della vita e il sentimento che l’attraversa. Come nell’archetipo della tragedia, o della parabola, Gianluca torna a casa, lui che a quella impresa non ha mai partecipato, lasciando la provincia torinese dove è nato e cresciuto per vivere a Parigi e lavorare nel cinema e per la televisione, ritrova i suoi, la sorella, i nipotini, il cognato sballottati in questo disastro che impone – al tempo stesso – questioni mai affrontate, o rimosse, sulle esistenze e le scelte fatte fino allora.

Nessun rimpianto per ciò che è stato ripete convinta la madre che piano piano però sotto i continui colpi di quella realtà durissima vediamo come invecchiare all’improvviso svelando una fragilità tenuta a bada. Gianluca filma ogni istante, cerca nella distanza permessa dalla macchina da presa quella prossimità con la famiglia che sente di avere un po’ perduto. E intanto la storia prende un’altra forma, si avventura su nuovi territori, il trauma del crack che ogni giorno si fa più pesante si porta dietro frustrazioni, rancori – perché il dolore come sappiamo a differenza di quanto si dice non unisce e spesso è occasione per tirare nuovi colpi. Ma questo ritratto di una famiglia in un interno è davvero solo un fatto privato? O appunto non è un passaggio esemplare nel nostro presente e nella nostra storia?

«IL FILM è il tentativo di riappropriarmi della mia famiglia, raccontando la caduta dei miei eroi ordinari che resistono e si oppongono al destino che vorrebbe incatenarli alla disperazione di una vita schiacciata dai debiti» si legge nelle note del regista anche autore del soggetto insieme a Nico Morabito. Lasciando spazio a ciascuno, senza timore e con delicatezza, Matarrese filma il crescendo di discussioni e malumori che accompagnano quello del debito nella cesura tra sogno, rappresentazione, vissuto. E mentre il mondo dei suoi familiari si sgretola, le loro parole della narrazione quotidiana cambiano di segno, quasi che il «Fuori tutto» della svendita esprima l’imperativo dei rapporti: unione diviene sopportazione, scelta sacrificio o rinuncia, un po’ come accade in una collettività in cui la solidarietà – o una possibile resistenza comune – si fanno invece rivendicazione di torti. Eppure nonostante le lacrime e i tristissimi passaggi, ne sono loro – un po’ come tutti noi – pienamente consapevoli?

CI VUOLE molto coraggio per non sottrarsi a tutto questo, e Gianluca Matarrese accetta di rimanere nelle cose fino alla fine, senza retorica, con l’equilibrio necessario: «esterno» e insieme profondamente parte di quanto accade continua a osservare senza tacere i suoi stati d’animo, ascolta e prova a costruire con la memoria che sarà delle sue immagini una possibile ricomposizione in quell che diviene una dichiarazione personalissima di cinema.

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