Una storia culturale dell’alterità, tra religione e costruzione dell’identità
SAGGI «Ai margini del Medioevo» di Marina Montesano pubblicato da Carocci
SAGGI «Ai margini del Medioevo» di Marina Montesano pubblicato da Carocci
Che si faccia riferimento a un io o a una società, fuori troviamo gli altri. Nel corso del Medioevo la religione si impose come l’elemento principale dell’identità europea e, di conseguenza, di un’alterità riconoscibile. Ripercorrendo dieci secoli di storie degli altri, il volume di Marina Montesano, Ai margini del Medioevo. Storia culturale dell’alterità (Carocci, pp. 271, euro 24), mostra come le dinamiche di esclusione e marginalizzazione su base religiosa evolsero di pari passo con specifiche contingenze storiche e culturali.
UN PROCESSO tutt’altro che lineare, risultato di scelte e interessi particolari che concorsero a creare un’Europa che prima di tutto era una «Societas Christiana» e che vedeva nell’altro un pericolo per il bene comune.
Certo, anche nel Medioevo vi erano categorie poste ai limiti della società per fattori altri da quello religioso. I pauperes, non poveri ma opposti ai potentiores, erano però considerati parte integrante della società. Lo stigma cadeva su rei e malati – marchiati o ghettizzati, come i lebbrosi – proprio perché membri della comunità. Tali situazioni esprimevano una tensione sociale tra emarginazione fisica e inclusione teorica. Da qui la scelta di individuare nel conformismo religioso il denominatore comune necessario per appartenere alla società medievale o esserne esclusi.
NEL TESTO, LA SINERGIA tra potere politico e autorità religiosa è alla base di questo processo di costruzione dell’alterità. Dapprima, la trasformazione del Cristianesimo, nella professione niceno-giustinianea, in religione ufficiale dell’Impero Romano mise fine alla possibilità di diversi cristianesimi. La scelta (airesis) di una religione diversa fu paragonata alla lesa maestà e come tale perseguita. Poi, l’adesione alla Chiesa Romana, desiderosa di autonomia, fu usata dai nuovi regni e dall’Impero dei Franchi per legittimare le posizioni acquisite. Così, nel corso dell’Alto Medioevo il mutuo sostegno tra detentori dei poteri politico e religioso eliminò gradualmente le differenze di credo.
IN QUESTO SPAZIO, teoricamente omogeneo dal punto di vista della fede, il termine eresia andò a segnalare le devianze dall’ortodossia. Il Pieno Medioevo vide la teorizzazione del primato papale, la nascita dei regni nazionali e il sorgere di nuovi movimenti religiosi, come quelli Valdese e Cataro. Muovendosi dentro una storiografia abbondante e non sempre concorde, Montesano mostra come la diffusione e la repressione di queste nuove eresie si legò a dinamiche locali, spesso parte di lotte più ampie. Così, l’Inquisizione nacque tra le ritrosie dei vescovi e dei signori timorosi di intromissioni da parte papale. Nei tribunali i poteri laico e religioso concertavano le sentenze e la loro applicazione, in un difficile equilibrio. Tanto difficile che Filippo il Bello, re di Francia, riuscì a porre sotto inchiesta il papa Bonifacio VIII e sciogliere l’Ordine Templare.
RIFUGGENDO DA FACILI MITI delle origini, il volume mostra come scelte politiche e culturali ben precise, sedimentandosi, resero l’Europa uno spazio cristiano. Un’omogeneità raggiunta accompagnandosi con l’evoluzione e l’uso di strumenti persecutori usati contro quanti di volta in volta erano indicati come altri.
Però, nel Medioevo e in Europa non tutti erano cristiani. Gli ultimi capitoli mostrano come ebrei e musulmani vissero questo lungo processo che cambiò profondamente il loro rapporto con la società. Gli Ebrei si ritrovarono sempre più nell’ambivalente posizione di essere accetti ma estranei. I musulmani passarono dall’abitare nel dar-al-islam a essere stranieri. In entrambi i casi l’esempio iberico è usato come utile volano.
TEORIZZARE la limpieza de sangre non fu un esito scontato ma uno dei risultati delle scelte compiute per comporre il regno di Spagna. Infine, i romanì, che arrivarono in Europa sul finire del Medioevo e vi si stabilirono, nonostante fossero viste in loro tutte le categorie dell’alterità – nomadi, rei, falsi cristiani. Nel momento apicale di questa costruzione identitaria, che a breve sarebbe esplosa con le tesi luterane, i romanì assunsero anche incarichi pubblici di rilievo e influenzarono profondamente la cultura europea.
Un bel modo per confortarci su quanto poco la repressione possa fermare gli altri dal diventare parte di noi.
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