La stoffa leggendaria
Sindone Un percorso di libri sul sacro lenzuolo, tra storia e religione
Sindone Un percorso di libri sul sacro lenzuolo, tra storia e religione
Oggetto di culto da più di seicento anni, la Sindone di Torino è oggi una delle reliquie di maggiore successo nella cristianità. Nel periodo dell’ostensione del 2015, due libri sono tornati a riflettere in chiave storiografica sulle complicate vicende di questo tessuto. Si tratta dell’agile testo di Franco Cardini e Marina Montesano (La Sindone di Torino. Oltre il pregiudizio, Medusa) e della dettagliata ricerca di Andrea Nicolotti (Sindone. Storia e leggenda di una reliquia controversa, Einaudi). Incassate le recensioni positive di Sergio Luzzatto e Adriano Prosperi, la ricostruzione di Nicolotti e soprattutto i suoi «sostenitori» sono stati criticati dagli ambienti vicini alla «sindonologia».
L’approssimarsi della visita di papa Francesco a Torino ha contributo a riscaldare un clima di tensioni che si trascinano da tempo e che sono andate avanti di pari passo alla richiesta degli scienziati di sottoporre il «sacro» lenzuolo a nuove perizie, richiesta regolarmente respinta dall’autorità ecclesiastica dopo i risultati del test radiocarbonico nel 1988. A ciò si aggiunga che il culto ha riacquisito una grande forza negli ultimi trent’anni. Si colloca in questo contesto la ripresa del dibattito sulla storia del tessuto e sulla sua «autenticità». Riguardo al primo punto, Cardini e Montesano mostrano come l’entusiasmo per il sacro lenzuolo con cui Giuseppe d’Arimatea avrebbe avvolto il corpo morto di Cristo si inserisca perfettamente nel clima culturale dell’Occidente medievale, estraneo alla crisi iconoclasta nella Chiesa d’Oriente e ben disposto verso lo sfruttamento delle immagini sacre a fini didascalici.
Si capisce quindi perché quello di Liery-Chambéry-Torino non è l’unico reperto di questo tipo e sono molto interessanti a questo proposito le pagine che i due autori dedicano alla storia del Mandylion di Edessa considerato dai «sindonologi» coincidente con la stessa Sindone di Torino. Tornando a quest’ultima, Nicolotti ripercorre gli scontri che ne hanno scandito i movimenti tra la Francia e l’Italia e la storia delle ostensioni pubbliche. Si parte dalla fine del XIV secolo con il faccia a faccia tra il vescovo Pierre d’Arcis, da un lato, e i canonici di Lirey, dall’altro, circa la legittimità di sfruttare la credibilità popolare.
Si arriva alla contrapposizione di inizio Novecento tra lo storico Ulysse Chevalier e i sostenitori più radicali dell’autenticità, con la decisione di Leone XIII di evitare lo scontro con la famiglia reale. Dalla ricostruzione di Nicolotti emerge come la questione della presunta autenticità, smentita chiaramente dalla bolla di Clemente VII, risalga solo al XVI secolo e alle pressione dei Savoia per favorire un culto che andava a sacralizzare la famiglia e che si sarebbe rinfocolato di storie fantasiose sull’origine del sacro tessuto. Quella della Sindone è dunque anche una storia di subordinazione della Chiesa alla politica oltre che di uso politico-religioso del sacro.
Una volta superata la lunga stagione, iniziata grosso modo nel XVIII secolo, l’attenzione per la Sindone si è riaccesa nel corso del Novecento e ha conosciuto una nuova vitalità sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i quali hanno favorito il culto di questa «immagine sacra» senza entrare nel merito della sua autenticità. Nel 2013 in Evangelii Gaudium papa Francesco si è dichiarato favorevole al sostegno alla religiosità popolare. Di tali forme di culto, talvolta dai tratti superstiziosi, il cattolicesimo del tempo presente risulta quindi ancora più intriso di quello della tradizione, come del resto ci mostrano anche le ricerche qui presentate.
C’è di che riflettere alla luce di quanto scrivono alcuni sociologici sulla rinnovata capacità dei culti di coinvolgere le masse al tempo della crisi della società post-illuminista.
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