L’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos può apparire l’intervento eccentrico di un magnate della Rete a sostegno della suo carnefice, visto che i quotidiani sono considerati prossimi alla morte grazie alla velocità di diffusione delle informazioni garantite da Internet. Ma sarebbe una lettura semplicistica, L’entrata in campo dell’amministratore delegato di Amazon ha il sapore di una strategia ben precisa: per rimanere ai vertici del potere nel cyberspazio, occorre occupare anche i vertici di settori contigui, anche solo per il fatto di trattare la stessa merce, l’informazione.
Jeff Bezos ha tenuto a precisare che i 250 milioni usati per l’acquisto della «Post» vengono dalle sue tasche e che Amazon non è coinvolta. La sua è stata una scelta dettata dalla conoscenza dei «padroni» del giornali e dal rispetto per il lavoro giornalistico svolto dal Washington Post nella sua lunga vita. Ma Bezos è consapevole della posta in gioco nella Rete. E sa che se Amazon vuole rimanere tra le «grandi» deve riuscire a creare quella «sinergia» tra gli affari on-line e quelli off-line, magari puntando a una stretta integrazione. Amazon, ad esempio, ha pochi quotidiani nel suo portafoglio. Kindle, il suo tablet, va bene per la vendita di e-book, ma ha poche altre applicazioni disponibili, come invece ha Apple. È inoltre assente sui social network. La possibile convergenza tra Amazon e la Washington Post, resa possibile anche dal costo contenuto dell’acquisto del quotidiano statunitense, consente alla società di Bezos di acquisire comunque punti nel cyberspazio.
Più significativo è invece il cambiamento per il mondo della carta stampata. Che un quotidiano diventi proprietà di un magnate dell’hi-tech, potrebbe essere l’occasione per una sperimentazione in grande stile di come traghettare un settore in forte difficoltà nella rete. Sperimentazione necessaria per trovare il modello di «business» per vendere informazione on-line. Modello che non è stato trovato da chiunque si è avventurato in questo settore. A partire da Rupert Murdoch, che si è scottato le mani e ormai si limita solo a chiedere a Google briciole dei soldi fatti con la pubblicità mentre diffondeva i link dei siti internet dei giornali del magnate australiano.