Paolo Bonacelli, una sfolgorante carriera
Speciale interviste Tutti gli incontri con i grandi protagonisti dello spettacolo
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Nel corso del tempo Bonacelli ha assunto il sembiante di un tribuno romano: alto,imponente,occhi cerulei,con una corona di capelli nivei che incornicia un volto vaticinante come quello di Tiresia ma da quello distante se facciamo capo al dipinto di Fűssli,piuttosto prossimo alla facies di un crapulone tratto dai convivi della Roma imperiale.
Conosco Paolo da molti anni e le domande che seguono sono solo una parte di un dialogo che potremmo definire,con un barbarismo, in progress.
Tu hai cominciato in teatro con Gassman come tuo mèntore. Che ricordi hai di lui?
Un ricordo molto positivo, è stato lui a trasmettermi l’amore e la passione per il teatro nonostante fosse sulla breccia già da anni,nonostante fosse già un grande attore,un divo. E nonostante non ci fosse in lui niente di ieratico,lui era un maestro,insegnava come stare in scena,come condividere con gli altri il palco con misura.
Era un rapporto non dico paritario ma molto amichevole. Si andava a cena tutte le sere ma non si appartava come il mostro sacro, era molto alla mano. Ricordo ancora il provino che mi fece. Io mi arrovellavo pensando a chissà cosa e invece fu una chiacchierata informale,del più e del meno,fino a che non mi domandò per chi votassi! Ci mettemmo tutti e due a ridere.
Su Gassman, a differenza di Sordi, di Tognazzi, sembra essere sceso una sorta di oblio. Come te lo spieghi?
Questa cosa che dici mi sembra interessante. Non me lo sono mai chiesto ma una spiegazione potrebbe essere questa. Il pubblico lo amava ma aveva nei suoi confronti una sorta di timore reverenziale, è come se lo vedesse distante, aristocratico mentre Sordi, solo per fare un esempio, era più uno ‘di casa’, con gli altri poteva darsi di gomito. Il pubblico lo ammirava ma è come se ne avesse soggezione.
Sergio Tofano è stato il tuo maestro all’Accademia d’Arte Drammatica. Il famosissimo Signor Bonaventura, ma parlami di lui.
Tofano era un grande maestro. Io entrai in Accademia per il rotto della cuffia. Arrivai 29esimo su 30.Dopo il primo anno stavo per essere mandato via ma Tofano aveva visto una scenetta che interpretavo e mi fermò. Mi disse che mi sarei cimentato con Cechov e io replicai che non ero pronto,non ero ancora all’altezza . Lui mi rassicurò dicendo che l’avrei interpretato al meglio. Tofano curava molto la dizione. Ed era nemico dei birignao.
Qual è stato il testo che ti ha più cambiato? il testo e l’autore intendo.
E’ stato Harold Pinter. Lo invitai a Roma a vedermi al Quirino,al Valle in “Terra di nessuno” e,quattro anni dopo,”Ritorno a casa”. Interpretazioni che gli piacquero molto.Ci siamo frequentati fino alla sua morte. Quando andavo a Londra ci vedevamo spessissimo e andavamo a mangiare in un ristorante dal nome singolare,”Essenza”.
Nel cinema?
Nel cinema è successa una cosa strana. Con alcuni registi con i quali avevo lavorato sono diventato amico stretto. Prendi Monicelli con il quale ho fatto “Parenti serpenti”,eravamo vicini di casa e stavamo spesso insieme. Mi lasciava un messaggio in segreteria, sempre lo stesso:”Annamo a magna’ insieme?”.
Lui era habituée di “Otello” in via della Croce e, ancora prima, della “Fiaschetteria Beltramme”.
Sì, sì, mi ricordo, eccome! Ma più spesso frequentavamo localetti qui intorno; in piazzetta, ad esempio, in via del Boschetto…quando è morto m’è mancato molto,ma non solo a me, a tutto il quartiere (ndr Monti). E poi sono stato molto amico di Rosi. Dopo il lavoro continuavamo a frequentarci. Lui era ospite fisso dei miei spettacoli a teatro. E poi Antonioni. A dispetto del luogo comune che lo voleva introverso,chiuso,Antonioni era spiritosissimo,non immagini quanto.
Come vivi e hai vissuto la politica?
Devo dire che io mi sono sempre interessato della politica. Ho anche cambiato idea qualche volta pur essendo empatico con la sinistra. Adesso non si sa più cosa fare.E infatti molta gente non va più a votare. Io no,vado sempre nell’urna,magari voto scheda bianca. Questo è un segno di protesta vero. Sì,sono di sinistra ma oggi cosa vuol dire essere di sinistra? Lo spettro è molto ampio,le sfumature quasi infinite.
Ti dividi tra Roma e Londra. Com’è nato questa predilezione?
Mi sono subito trovato a mio agio a Londra. Quello che mi colpì da subito fu il rispetto delle regole. Rispettare i semafori,la coda per prendere il bus e potrei continuare all’infinito. Poi a Londra ci sono due concerti al giorno.Ci sono musical che da noi neanche arrivano Poi,sai,io conosco e vivo a Londra non fuori. Il discorso della brexit è sentito più in città che fuori,a Londra sarebbero tutti restati nella UE. A parte lo humour tipicamente britannico che la dice lunga.Ti racconto un aneddoto esilarante:”Tempesta sulla Manica,il Continente è isolato” (ride,ridiamo).
Che ricordi hai di Pasolini ?
Pasolini è uno di quei personaggi rari che riuscivano ad interpretare la realtà anticipando i tempi. Quello che mi meravigliò molto fu -fra le molte alte cose- un’intervista che rilasciò durante la lavorazione di “Salò” a Giuseppe Bertolucci in cui dimostrava una lucidità sorprendente. Diceva già allora del cambiamento antropologico,di come sarebbe stata la società dopo vent’anni.
Uscì, a ridosso di “Salò”, un libello di Quintavalle (che impersonava nel film uno dei signorotti)che parlava malissimo del regista,addirittura come di una persona se non malvagia quanto meno cattiva.
Non era affatto vero. Quintavalle cercò in quel modo di farsi pubblicità. Devi pensare che Pasolini era omosessuale e comunista,un mélange esplosivo in quegli anni,di difficile digeribilità.
Come nasce la tua partecipazione a “Fuga di mezzanotte” di Parker?
Ci pensò il casting. Cercavano un turco dagli occhi chiari e in più volevano ‘un turco che parlasse inglese’. Ebbi la parte. Tra l’altro,la sceneggiatura era di Oliver Stone,fu una buona prova.
Volevo parlarti di Benigni. Un grande attore o un attore sopravvalutato?
Nessuna delle due cose. Definirei Benigni un grande comico. Viene,lo saprai, da un territorio dove si improvvisavano delle poesie di sana pianta,dove si andava a braccio e questo lo ha aiutato a capire i tempi della comicità. Sul set poi era molto generoso,non era geloso della sua scrittura come molti sono,io inventavo anche delle stronzate e lui le trovava giuste per il film,esilaranti. Ci si divertiva molto durante la lavorazione.
Qual è il consuntivo?
Non ho alcun rimpianto. Ho fatto tutti i personaggi che desideravo fare. Non ho fallito uno spettacolo,non sono un presuntuoso e lo sai,direi che non ho più sogni nel,cassetto forse perché quei sogni,almeno in larga parte,sono tutti realizzati.
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