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Una sfida che ora la politica deve raccogliere

Una sfida che ora la politica deve raccogliere

43 anni dopo Ustica Amato ci porta all’interno di quello scenario internazionale che ci ha sempre delineato Andrea Purgatori, che anche oggi dobbiamo ricordare con riconoscenza, quando ci ha parlato di una partita tra Italia, Libia, Francia e Usa

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 settembre 2023

Penso che l’intervista di Giuliano Amato a Repubblica sia un grande contributo alla verità sulla strage di Ustica e gli sono davvero grata; ci viene da un qualificato protagonista politico che ha sempre avuto un ruolo significativo e positivo nella vicenda.

Voglio ricordare il suo intervento da sottosegretario per mettere a disposizione i fondi per il recupero del relitto del DC9 dal fondo del Tirreno, nel 1986: si è trattato di una spinta per superare un atteggiamento colpevolmente rinunciatario sul quale la Magistratura si era purtroppo adagiata. E ricordo poi la costituzione di parte civile del suo governo contro i militari rinviati a giudizio dal Giudice Priore, nei primi anni novanta. Anche quello un gesto altamente significativo perché spezzava, almeno formalmente, una catena di «continuità».

Una catena che portava le forze Armate, l’Aeronautica in particolare, ad essere non al servizio collaborativo con la Giustizia e la Magistratura bensì a partecipare e portare conoscenze soltanto alla difesa degli imputati.

C’è molta di questa esperienza maturata negli anni nell’intervista: voglio sottolineare il racconto del rapporto con i vertici militari che, sfumato il salvifico alibi del cedimento strutturale che aveva impedito indagini e portato tra l’altro al fallimento della compagnia Itavia, si schierano ostinatamente per la bomba. Tutti insieme come per un vincolo d’arma, evidentemente per coprire possibili altre responsabilità.

E anche oggi, permettetemi, questo accanimento per la bomba non deve far solo «cadere le braccia» ma va letto con la stessa chiave e la stessa domanda: perché non parlare della bomba nell’immediatezza dell’evento, quando qualche elemento era in qualche modo presente e poteva eventualmente indirizzare le indagini? E invece la bomba, ieri come oggi, solo per sviare!

Ma poi Amato ci porta all’interno di quello scenario internazionale che ci ha sempre delineato Andrea Purgatori, che anche oggi dobbiamo ricordare con riconoscenza, quando ci ha parlato di una partita tra Italia, Libia, Francia e Usa.

Nel ruolo di Craxi, legato a amicizie politiche arabe, Arafat-Gheddafi, dobbiamo anche leggere le contraddizioni generali di una politica italiana che «aveva la moglie americana e l’amante libica» , sosteneva Giulio Andreotti, (anche questo si è sempre sussurrato) e che aveva profondi legami con la Libia, ben oltre il 12% di azioni Fiat.

E questo con grande disappunto degli alleati occidentali, contrariati in particolare per la troppa libertà concessa ai voli militari libici, non soltanto per operazioni di manutenzione in aeroporti dell’ex Iugoslavia.

Teniamo sempre presente che il panorama internazionale dell’inizio degli anni 80 non è solo caratterizzato dalla ripresa pesante della contrapposizione occidente-blocco comunista ma anche dall’accentuarsi delle tensioni nel Mediterraneo- (l’associazione dei Parenti delle Vittime di Ustica ha approfondito questi temi storici in un convegno di studi «1980 l’anno di Ustica») e per i conflitti tra Francia e Libia e tra Libia, Egitto e Usa nulla può escludere l’uso delle armi, in modo più o meno dichiarabile. E Gheddafi era il grande nemico!

La Francia poi su tutta la vicenda Ustica ha sempre tenuto un atteggiamento molto poco collaborativo, arrivando a sostenere per molti anni anche nelle risposte ufficiali alla nostra Magistratura che l’aeroporto di Solenzara in Corsica era chiuso (come una tabaccheria d’estate) dal pomeriggio quel 27 giugno. Una risposta incredibile se si pensa che si tratta della struttura militare più a sud di quel Paese. Solo con la nuova indagine, dopo che anche il presidente Cossiga ha puntato il dito contro i francesi, si è ammesso che l’aeroporto era funzionante ma senza voler precisare quale attività venivano effettuate o venivano controllate.

Voglio concludere con una mia lettura dell’intervista di Amato: c’è la descrizione della vicenda Ustica come il perdurare di una scrigno segreto ostinatamente custodito dai militari sul quale la politica non ha potuto, saputo o voluto fare luce fino in fondo.

Ecco è finalmente il momento, mentre ancora la Magistratura sta indagando, che la politica raccolga la sfida, chiedendo alla Magistratura il massimo dell’impegno e nello stesso tempo impegnandosi a fornirle ogni supporto. Intendo la più completa collaborazione internazionale: non è più possibile che stati amici o alleati, parlo intanto di Francia, Usa e libia, ma anche agli altri stati che avevano aerei in volo attorno al DC9 (come ci ha indicato, ricordiamolo sempre, la Nato) non ci offrano totalmente il loro sapere, le loro informazioni, gli elementi raccolti quella notte nei vari siti militari. È un dovere per le vittime ma soprattutto per la nostra dignità nazionale.

*Presidente Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica

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