Due dischi molto diversi tra di loro e perciò utili a comprendere la estrema versatilità del jazz contemporaneo. Il primo è Come on Down (and Follow Us) del gruppo Zenophilia, band capitanata dal batterista veronese Zeno De Rossi, figura centrale di molti dei migliori gruppi in circolazione.

Il cd, uscito per l’etichetta Hora Records a fine 2023, segue Zenophilia del 2016. Qui l’organico si amplia a quartetto, nel precedente con il leader c’erano il trombonista Filippo Vignato e le ance guerrigliere di Piero Bittolo Bon, con la tuba di Glauco Benedetti. Ma decisiva è la presenza in gran parte del disco del percussionista Simone Padovani e soprattutto della voce del cantante afroamericano Dean Bowman, semplicemente perfetto sempre e letteralmente incontenibile in Master of Disaster. Un tripudio di suoni black, di parate New Orleans, di languide canzoni soul, di jazz funk da ballare.

I titoli dei brani originali sono in gran parte omaggi agli eroi sportivi di De Rossi: Ivano Bordon, Briegel, Marvin Hagler e Gianluca Vialli, al quale è dedicata la messa in musica dei cori da stadio Batucada Eroica Blucerchiata. Un divertissement? Sì, ma serissimo. Se volete avere un’idea provate a pensare ad un Lester Bowie padano.

Tra le nebbie ferraresi dove De Rossi vive ora e quelle delle paludi della Louisiana la distanza non è poi così grande. Opera tra Milano e l’Olanda invece il clarinettista Federico Calcagno, classe 1995, che avevamo avuto modo di apprezzare con il quintetto The Dolphians. Pubblica adesso il notevole Mundus Inversus (Habitable Records) con un ottetto nuovo di zecca. Con lui Nabou Claerhout al trombone, José Soares al sax alto, Pau Sola Masafrets al violoncello, Aleksander Sever al vibrafono, Adrian Moncada al piano, Pedro Ivo Ferreira al contrabbasso e Nikos Thessalonikes alla batteria.

Otto tracce di una scrittura densa e stratificata con una grande attenzione alla dimensione timbrica e ritmica che emerge sin dalle prime battute. Vengono in mente le partiture di Darcy James Argue, ma è solo una indicazione per segnalarne la dimensione orchestrale e la visione della musica aperta a molteplici suggestioni, in particolare cameristiche, seppur saldamente ancorata al jazz. Irresistibile l’iniziale Liquid War che da sola vale l’acquisto. Ma tutto il disco rivela invenzioni, qualità strumentali, compattezza, lucidità progettuale.