Cultura

Una saga malavitosa al limite di un mistero consumato

Una saga malavitosa al limite di un mistero consumatoCao Fei, «Play Time» (2011)

LETTERATURA Il romanzo «Svegliami alle nove domattina» di A Yi, per Metropoli d’Asia

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 26 luglio 2017

Il primo libro di A Yi pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia è stato E adesso? – una storia scritta in prima persona, gestita al meglio attraverso un linguaggio tagliente e rapido.
Con Svegliami alle nove domattina (Metropoli d’Asia, pp. 416, euro 15, tradotto dal cinese da Paolo Magagnin) A Yi tenta un’operazione molto più complessa e ambiziosa: un romanzo corale, una sorta di saga della malavita nella Cina contemporanea (la vicenda è ambientata nel 2012) attraverso una scrittura che prova a mescolare lirismo a precisione e brutalità, per dipingere un quadro ampio e controverso.

UN MALAVITOSO LOCALE, piuttosto ambiguo a dire la verità, talvolta tirannico, altre volte patetico, altre ancora astuto, muore. Prima del decesso avrebbe chiesto a un parente di essere seppellito, anziché bruciato come vuole la prassi cinese. Dalla sua morte (che rimane dubbia fino alla fine del libro) alla sua sepoltura (su cui sorvoliamo per evitare spoiler), passano 400 e oltre pagine con parenti del morto, alleati, amici e nemici che esprimono le proprie opinioni o raccontano fatti, come se tutto però fosse condensato in un unico flusso di coscienza, in un’unica voce.

A Yi in questo modo vuole forse sottolineare la collegialità di certe responsabilità: la mancanza di valori, la violenza gratuita e il sotterfugio costante in cui sembrerebbero vivere fasce di popolazione di questa Cina contemporanea, sono causate da somme di responsabilità e non solo dall’attività umana di un «traffichino» come Hongyang, il personaggio principale. Questo piano ambizioso di A Yi, a livello tecnico, nell’incastro di analessi e prolessi, ovvero flashback e flashforward, sottolineata a inizio volume nella nota del traduttore – seppure all’interno di una scrittura sicura – mostra alcune carenze. La struttura del libro gioca molto sulla commistione delle voci ma talvolta risulta ostica; il numero elevatissimo di parentesi e di incise fanno il resto, insieme a particolari insignificanti sui quali A Yi forse dovrebbe tenersi a freno (il suo amore per il calcio tracima talvolta in proposizioni che non aggiungono niente al romanzo).

A Yi dà il meglio di sé in una sorta di inserto del libro: si tratta della vicenda di un vecchio compagno di Hongyang, conosciuto al campo di rieducazione. È un racconto in prima persona, con un tono marcato e narra l’avventura di un assassino seriale e della sua compagna di omicidi. Qui A Yi – non a caso uno dei brani di questo inserto costituisce la quarta di copertina scelta dall’editore – fornisce il meglio della sua scrittura.

C’È LA VIOLENZA nei dettagli tanto della realtà quanto dei lati più oscuri delle personalità dei protagonisti, cui si mischiano lirismi e passaggi poetici degli stati d’animo. La prima persona, più matura ma non troppo distante dal protagonista di E adesso?, mischia linguaggi e assume una personalità – una voce – molto chiara al lettore.
Dal punto di vista della regia, invece, il libro riflette una sicurezza di A Yi nel muovere i personaggi in modo caotico ma lineare, giungendo parecchie volte a forti picchi emotivi. Va sicuramente lodato il coraggio di Metropoli d’Asia a pubblicare – in anteprima mondiale – un libro di molte pagine e con avversità di non poco conto.

QUELLO CHE IMPORTA, però, è poter esaminare l’evoluzione di un autore: se E Adesso? venne salutato con grande enfasi forse per la sua capacità di descrivere una deriva umana della Cina contemporanea svuotata di identità e valori e alla ricerca di una sua strada, tra quell’opera e Svegliami alle nove domattina non c’è paragone: pur con i suoi difetti quest’ultimo libro mostra uno scrittore in una fase più consapevole, benché sperimentale; quest’opera è un passo avanti significativo pur rispetto all’interessante E Adesso?

A Yi non si accontenta di scrivere quanto sa bene di saper scrivere: si sfida in un impianto narrativo da grande classico; senza sembrare irriverenti verrebbe quasi da paragonarlo ai «classici rurali» di Mo Yan ma ambientati in una realtà più drastica, violenta e contemporanea. Sarà importante dunque osservare il processo di scrittura di A Yi, ritrovare magari altre sue opere, come i racconti, in grado di sottolineare la sua grande capacità di scavare nel profondo dell’animo, evitando al letture alcune asperità. Crediamo davvero che A Yi prima o poi potrà tirare fuori il crack, il libro dopo il quale la letteratura cinese non sarà più la stessa.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento