Internazionale

Una «safe zone» contro curdi ed Assad

Una «safe zone» contro curdi ed Assad

Siria Pace fatta tra Erdogan e Trump a spese di Damasco. L'intesa tra Ankara e Washington blocca le aspirazioni curde e indebolisce la Siria. Cavusoglu: avremo un centro di comando congiunto con gli Usa

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 10 agosto 2019

Mevlut Cavusoglu ieri non nascondeva la soddisfazione per l’accordo raggiunto con l’Amministrazione Trump per creare una “zona cuscinetto” al confine tra Turchia e Siria. Accordo che inoltre pone fine al gelo tra i due paesi aggravato dalla consegna ad Ankara del sistema russo di difesa antiaerea S-400. «L’intesa con gli Stati Uniti – ha spiegato – è un primo passo positivo ma l’obiettivo è quello di ripulire l’intero confine dalle postazioni dei terroristi del Pyd-Ypg. Costituiremo un centro di comando congiunto e prenderemo insieme le decisioni necessarie».

Il «terrorismo» per il ministro turco è rappresentato dalle aspirazioni del popolo curdo che Ankara combatte in Turchia, in Siria e in Iraq, ovunque. Nelle ultime settimane la Turchia ha minacciato più volte di lanciare una nuova ampia offensiva militare per stabilire in Siria la «safe zone», anche senza un accordo con gli americani. Avvertimenti che hanno spinto Trump a dare il via libera al progetto. A Washington interessata a smembrare la Siria alleata dell’Iran e renderla più debole, il piano turco va bene. La «zona cuscinetto», nelle intenzioni turche, inoltre dovrà essere anche un «corridoio» per il ritorno a casa dei 3,6 milioni di rifugiati siriani, una presenza sempre più invisa alla popolazione turca e che il presidente Erdogan ora vuole ridimensionare anche con le maniere forti.

Il punto debole dell’intesa è il rapporto con la causa curda. Non che Washington ne sia una sincera sostenitrice, anzi. Ma la Casa Bianca non vuole rinunciare del tutto alla preziosa alleanza che mantiene con una parte delle forze militari curde in Siria. Cavusoglu ieri ha fatto riferimento anche a Manbij, la città del nord della Siria da cui la Turchia vuole cacciare via i combattenti curdi del Pyd-Ypg. Lì si trovano anche 200 soldati Usa e una soluzione che stia bene alle due parti non è stata ancora trovata. Il ministro comunque ha ribadito che la Turchia non permetterà che le cose a Manbij vadano come in passato. L’accordo precedente con gli Usa prevedeva il completo ritiro dei combattenti delle Ypg dalla città ma l’intesa non è mai stata applicata.

Damasco nel frattempo non resta in silenzio di fronte a una decisione presa a tavolino da Turchia e Usa a spese del territorio siriano. E denuncia un «palese attacco» alla sovranità del paese. «La Siria chiede alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite di condannare l’aggressione flagrante di Stati Uniti e Turchia che rappresenta un’evoluzione pericolosa e minaccia pace e sicurezza nella regione», ha comunicato il ministero degli esteri. Secondo il giornale libanese al Akhbar la «zona cuscinetto» si materializzerà maggiormente in determinate aree del nord della Siria – Kobane, Tal Abyad e Ras al Ain – e non sarà profonda 30-40 km come vorrebbe Ankara (Stati Uniti propongono 15 km). «È la realizzazione di un sogno che la Turchia cullava da tempo – sottolinea al Akhbar – se Erdogan prima vedeva la ‘safe zone’ come un mezzo per rovesciare il regime siriano, oggi il suo obiettivo è rafforzare il ruolo turco in Siria, indebolire la parte curda e imporre la sua egemonia sulla parte siriana del confine come voleva la Milli Charter del 1920 (che stabilisce unilateralmente i confini della Turchia, ndr) con un controllo diretto da Idlib all’area nord-est dell’Eufrate».

L’accordo con Washington offre ad Ankara anche un modo per fare pressione su russi e iraniani in vista del vertice a tre del mese prossimo in cui chiederà l’attuazione completa dell’accordo con Mosca raggiunto un anno fa sulla provincia di Idlib (ancora nelle mani di jihadisti e qaedisti) per bloccare l’intenzione di Damasco di liberare anche questa porzione di territorio nazionale. Nei giorni scorsi l’esercito siriano ha rilanciato l’offensiva militare a Idlib accusando i miliziani islamisti di non aver rispettato la tregua e di aver compiuto attacchi contro i civili.

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