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La ripresa sarà senza fretta e a piccoli passi

La ripresa sarà senza fretta e a piccoli passiPresidente del Consiglio, Conte

Pandemia Riunione del Comitato tecnico-scientifico, i meidci consigliano massima prudenza. Un primo segnale alle aziende potrà arrivare il 14 aprile, ma sarà limitatissimo

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 8 aprile 2020

La pressione delle aziende è massiccia, passa spesso per un vero e proprio tentativo di praticare l’obiettivo. In Veneto sono 14mila le aziende che hanno chiesto di riaprire subito, in Piemonte oltre 10mila. Nel week-end, a Brescia e dintorni, le aziende avevano convocato direttamente gli operai per lunedì mattina, governo o non governo.

Dall’altra parte, però, tecnici e medici puntano i piedi, consigliano massima prudenza, frenano la ripartenza. Ieri una folta delegazione di ministri (insieme a Conte c’erano Speranza, Boccia, Franceschini, Azzolina, Bonetti, Bellanova e De Micheli) ha incontrato in videoconferenza il comitato tecnico-scientifico. ll verdetto degli esperti è chiaro: «Senza procedere con i piedi di piombo nell’avvio dell’allentamento del lockdown il rischio che la curva risalga è alto».

È la linea di Speranza, da sempre il più fermo nell’insistere prima per il blocco, ora per evitare accelerazioni nella ripartenza. La discesa della curva, ha detto nella riunione di ieri, è importantissima ma non sufficiente: «Non si può neppure iniziare a ripartire senza essere pronti ad affrontare e circoscrivere nuovi focolai». Per azzardare un vero allentamento del distanziamento sociale, insomma, ci vogliono due fattori: un cospicuo appiattimento della curva e la disponibilità degli strumenti che ancora mancano.

Ci vogliono i Covid Hospital pronti, i tamponi, la possibilità di effettuare analisi sierologiche sicure su vasta scala, l’app per tracciare i cellulari, di cui si parla da settimane ma non è ancora pronta. Frena anche il commissario Arcuri: «Non siamo a pochi passi dall’uscita. Nulla di più sbagliato di pensare a un ’liberi tutti’. Non commettiamo errori proprio ora». Mette in guardia anche l’Oms: «L’uso delle mascherine può limitare la diffusione del contagio ma non fornisce un livello adeguato di protezione».

La decisione finale però spetta alla politica, cioè a Giuseppe Conte: «L’incontro di oggi era interlocutorio. La decisione sulla Fase 2 è del governo», ripete Borrelli. E sulla bilancia di Conte pesano anche le pressioni sull’altro piatto: quelle di Confidustria ma anche quelle della realtà, cioè della crisi economica. L’Istat valuta in un calo del 9,9% dei consumi se il lockdown proseguisse fino a tutto giugno. Resterebbe al 4,1% se si riaprisse a fine aprile. L’Agenzia per il lavoro dell’Onu prevede 195 milioni di disoccupati nel mondo in conseguenza della crisi sanitaria, ma se non ci si limita ai posti di lavoro fissi la mazzata potrebbe coinvolgere otre un miliardo e 200 milioni di lavoratori.

La Commissione europea è a sua volta pressata dalle aziende e con due Paesi, Austria e Danimarca, che scalpitano per ripartire e hanno già informato dell’intenzione di riaprire subito «a piccoli passi». Oggi stesso, quindi, la presidente von der Leyen presenterà una rodamap, con valore certo non vincolante ma orientativo.

Conte, preso in mezzo esita. Ma alla fine difficilmente farà scelte in contrasto con il parere unanime dei medici, dei tecnici e del ministro della Sanità. Di certo si partirà con le aziende e probabilmente un segnale arriverà già il 14 aprile, ma limitatissimo. Riguarderà solo le aziende la cui produzione è davvero essenziale per far funzionare le filiere della sanità e agroalimentare. Poi dovrebbe procedere molto lentamente con la ripresa del lavoro mentre il commercio dovrà attendere parecchio. È possibile che i negozi riaprano a fine maggio, ma è anche questa un’ipotesi ottimistica. Dovrebbe andare davvero tutto bene per farcela. Quanto alle persone, per ora non se ne è neppure parlato. Dipenderà dai tempi del contagio e da quelli della preparazione degli strumenti tecnici.

Tanto più urgente è la messa in campo di un apparato in grado di sostenere un’economia in ginocchio. Il decreto sulla liquidità è stato ieri bersagliato da critiche da parte dell’opposizione ma la realtà è che, a porte chiuse, sono anche numerosi esponenti della maggioranza, non solo i renziani, ad avanzare dubbi. Non per le dimensioni dello stanziamento, 400 miliardi, ma perché resta la valutazione da parte delle banche, che comunque devono farsi carico di una parte del debito. Valutazione vuol dire burocrazia. Burocrazia vuol dire tempi lunghi.

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