Cultura

Una Rete messa sottosopra

Una Rete messa sottosopra

World Wide Web L'attacco compiuto da Anonymous contro i siti israeliani evidenzia la diffusione di un attivismo politico che colma la distanza tra la vita dentro e fuori lo schermo

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 10 aprile 2013

Anonymous sta cambiando le carte in tavola dell’attivismo digitale. Di questa attitudine «ribelle» si possono stilare commenti preoccupati sull’opacità dell’identità degli hacker che hanno fatto loro le modalità di azione di Anonymous; oppure si può elogiare a denti stretti la competenza tecnica di chi partecipa alle azioni che di volta in volta sono decise. In ogni caso, non si può più ignorare il fatto che la sua presenza ha cambiato la geografia politica e tecnica della Rete.

Ne è prova l’azione compiuta tra il sette e l’otto Aprile in solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza. Obiettivi sensibili individuati: i siti governativi di Israele. Così, tra la notte di domenica e lunedì decine di home page sono stati «attaccate». Alcuni di esse sono andate in tilt, altre hanno subito vistosi rallentamenti nell’accesso. L’azione, battezzata OpIsrael, era iniziata mesi fa, ma poi era stata interrotta con l’avvio della tregua tra Israele e i combattenti palestinesi di Gaza. E quando Israele ha interrotto la tregua, la decisione di riprendere «l’attacco», che sarebbe stato «massiccio e protratto nel tempo», non ha incontrato obiezioni.

Il governo israeliano ha sottolineato che le infrastrutture tecnologiche hanno retto, che i siti governativi non sono stati bloccati, che i danni economici sono stati irrisori, puntando invece l’indice su quanto è accaduto agli account che molti cittadini israeliani hanno su Facebook: informazioni sottratte e pubblicazioni di dati molto personali. Infine, l’accusa: l’attacco agli israeliani è da considerare una manifestazione di antisemitismo.

Da parte loro, alcuni degli «anonimi» hanno ironicamente commentato le reazioni israeliane. In una notevole intervista concessa al gruppo InfoFlowFree (www.infoaut.org), emerge con chiarezza sia la preparazione tecnica dei partecipanti che la loro eterogeneità «teorica» e politica. Tra i gruppi che hanno preso parte all’azione ci sono hacker per la libertà di espressione, ma anche mediattivisti che non nascondono la loro adesione a una vision anticapitalista. E che entrambi si sono coordinanti anche con militanti palestinesi islamici.

Al di là della «composizione» culturale, l’operazione «OpIsrael» rende cioè evidente che Anonymous è il logo – parola usata, questa volta, con una accezione positiva – di un mediattivismo che ha saputo colmare la distanza tra la vita dentro lo schermo e ciò che si muove al di fuori di esso. La Rete è infatti assunta come parte integrante della realtà. I movimenti sociali possono dunque esprimere la loro attitudine ribelle sia nella «strada» che nel web. Per chi è «in Rete» è una verità acquisita da tempo. Ma spesso il web e i social network erano relegati al ruolo di «megafoni», amplificatori della vita fuori lo schermo. Con questa azione, emerge invece un’altra realtà: La rete non serve solo per fare propaganda; è anche un mezzo per organizzare azioni politiche, nonché nodo di quella «fabbrica sociale» che può essere fermata.

È quindi la geografia politica della Rete ad essere trasformata, dopo che Anonymous è riuscito a legittimare attacchi di questo tipo come una forma di azione politica. La Rete è quindi assunta un’arena pubblica dove il conflitto è parte integrante del modo di essere «connessi». Un punto di non ritorno che apre inedite possibilità di attivismo politico.

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