Inoltrandosi in un saggio del 1979 nel mondo sfuggente delle Metamorfosi ovidiane, Italo Calvino lo definì «un universo in cui le forme riempiono fittamente lo spazio, scambiandosi continuamente qualità e dimensioni, e il fluire del tempo è colmato da un proliferare di racconti». Non diversamente l’appassionato curatore delle Fiabe italiane si era espresso a proposito delle fiabe di magia russe raccolte nel 1863 da Aleksandr Afanas’ev e da lui recensite nel 1953 sul «Notiziario Einaudi», in occasione dell’uscita a Torino dell’edizione italiana tradotta da Gigliola Venturi. A colpire la sua immaginazione, nell’uno e nell’altro caso, era la consapevolezza dell’«unità e...