Il sindaco di Melendugno: «Una prima vittoria nella lunga battaglia per tutelare la nostra terra dal Tap»
Il sindaco di Melendugno Fra poco ci sarà l’incidente probatorio per un’altra inchiesta: Tap e una dirigente del Mise hanno raggirato la direttiva Seveso mettendo a rischio oltre 100mila persone
Il sindaco di Melendugno Fra poco ci sarà l’incidente probatorio per un’altra inchiesta: Tap e una dirigente del Mise hanno raggirato la direttiva Seveso mettendo a rischio oltre 100mila persone
L’ultimo esposto del comune di Melendugno sui lavori del gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) è partito quattro giorni fa, il 24 aprile. È stato inviato alla Procura di Lecce, alla Prefettura e ai carabinieri forestali. Ma anche al ministero dell’Ambiente e a quello dello Sviluppo economico.
«L’autorizzazione unica dell’opera, del 20 maggio 2015 – spiega il sindaco di Melendugno, Marco Potì, che ha firmato il documento – faceva obbligo alla società Tap Ag Italia, che sta portando avanti gli interventi, di ottemperare a tutte le prescrizioni contenute in essa e nel decreto di compatibilità ambientale, ma così non è stato».
«Gli olivi da trapiantare – spiega il primo cittadino – , devono essere “zollati”, cioè estratti dal suolo con una congrua quantità di terreno e in epoca compresa tra dicembre e febbraio e ciò per motivi agronomici, per agevolarne la rigenerazione, il riattecchimento. Invece nello scorso mese di marzo, Tap ha presentato richiesta di variante in corso d’opera da cui si evince, tra l’altro, l’intenzione di eseguire espianti e reimpianti dal 24 aprile al 15 luglio 2018, partendo dalla zona “Le Paesane”. Richiesta accolta dal ministero dello Sviluppo economico, che ha ignorato anche che parte dell’area è sottoposta a vincoli paesaggistici».
Da qui l’esposto alla magistratura, che è diventato anche una diffida verso i due ministeri coinvolti e Tap Ag «che ha violato ripetutamente le prescrizioni».
E, anche da questi atti, è scaturito il provvedimento di sequestro della Procura del nuovo cantiere di Melendugno (detto «cluster 5») del metanodotto, che dal primo trimestre del 2020 dovrebbe portare gas dal Mar Caspio all’Italia, con approdo in Salento.
Un sequestro probatorio con il quale appunto si vuole verificare quanto denunciato dai 5Stelle e dal Comune.
«Il cluster 5 – ricorda il sindaco – fa parte di un più ampio tracciato (8,2 chilometri di lunghezza con una fascia di circa 30 metri di larghezza a cavallo del futuro tubo) che dal cantiere di San Basilio, dove si lavora alla costruzione del microtunnel del gasdotto, porta alla Masseria del Capitano, dove sorgerà il terminale di ricezione dell’impianto». Opere per le quali, da progetti, dovranno essere estirpati e rimessi a dimora oltre 1.800 ulivi.
«Tutto – ricorda il primo cittadino di Melendugno – a servizio della centrale di depressurizzazione». Di esposti e diffide ce ne sono montagne per «denunciare criticità e fare chiarezza». «Perché questo territorio non viene rispettato. Ci stanno distruggendo la costa, le spiagge, tra le più belle d’Italia, e il patrimonio storico e agricolo costituito dai nostri ulivi, molti dei quali monumentali, centenari. Confidiamo nell’operato della magistratura».
Il sindaco ricorda che negli uffici giudiziari, a seguito di un’altra inchiesta, in cui sono imputati dirigenti Tap e una funzionaria del Mise, è in corso anche un incidente probatorio. L’accusa è di «avere, con raggiri, violato la corretta applicazione della direttiva Seveso» riguardo ad impianti ad incidenti rilevanti. «In questo procedimento l’attenzione è incentrata sulle autorizzazioni alla famigerata centrale. A rischio – dice Potì – c’è la sicurezza di 100mila abitanti, che non è stata considerata».
In questo caso, oltre a Melendugno e alla Regione, sono sette i Comuni in campo: Vernole, Castrì, Calimera, Martano, Lizzanello, Zollino e Corigliano d’Otranto.
«Continueremo, senza sosta nella nostra battaglia a tutela di questo pezzo di Puglia e dei suoi tesori, anche ambientali e paesaggistici, e della salute dei suoi cittadini».
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