Cultura

Una penna per la psiche

Una penna per la psicheLuciana Sica

Ricordi Luciana Sica, con il suo lavoro e la sua passione, ha saldato le teorie di Freud con i lettori

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

Se la psicoanalisi, questa disciplina che è prima di tutto una esperienza, è arrivata al grande pubblico tramite le colonne di un giornale – la Repubblica – lo si deve a Luciana Sica. È stata una responsabilità importante, la sua, perché si trattava di vincere la riluttanza cui va sempre incontro un pensiero non destinato a venire metabolizzato rapidamente, e per di più insidioso delle nostre certezze, sconveniente nel ricordarci che il nostro Io non è padrone in casa propria. Luciana Sica è stata un ponte tra quegli psicoanalisti la cui scrittura necessitava di venire trascodificata e quei lettori che cercavano una via di accesso alle teorie inaugurate da Freud; è stata una chance alla soddisfazione di curiosità che molti non avrebbero saputo come formulare se lei non li avesse introdotti al lessico adeguato; ed è stata un tramite per tanti studiosi della psiche che sentivano il bisogno di diffondere il loro pensiero oltre i confini stretti delle istituzioni deputate.

Il suo background – l’esperienza giovanile a Paese Sera come giornalista parlamentare e poi quella alla Nuova Sardegna – le aveva insegnato come andare diritta al nodo dei problemi, e di questa esperienza si giovava per formulare le domande delle sue interviste, mai passive di fronte al personaggio di volta in volta interpellato, sempre pronte al contradditorio, spesso chiarificatrici di un pensiero che l’intervistato andava svolgendo insieme a lei. Nei suoi articoli, nella pagine da lei curate, hanno trovato un punto di convergenza e di dialogo correnti diverse della psicoanalisi, già molti anni prima che le venisse l’idea di chiamare Simona Argentieri, Stefano Bolognini, Antonio Di Ciaccia e Luigi Zoja a stendere quel manifesto in difesa della psicoanalisi, che poi sarebbe diventato un libro Einaudi. Lei stessa non si era costretta nei confini del pensiero freudiano, e aveva spinto la sua curiosità a indagare i testi di Lacan, di Jung e di tanti epigoni i cui nomi circolavano soltanto in ambiti ristretti, benché i loro testi fossero ormai iscritti nella tradizione del pensiero psicoanalitico.

Dai suoi articoli si capiva che amava quegli autori che esaltavano il respiro letterario della sofferenza mentale, le ricadute creative della depressione, per esempio, e li seguiva nei loro ragionamenti con evidente empatia. Forse il suo pezzo più bello è l’ultimo che ha scritto, e che lei non avrebbe immaginato essere un approdo, bensì solo uno dei tanti che andava progettando: era dedicato all’ultimo libro di Eugenio Borgna, La dignità ferita (Feltrinelli 2013) e senza ombra di retorica saldava la sua esperienza contingente del dolore a quanto trovava scritto tra quelle pagine, restituendole con una mano particolarmente felice. Se il senso comune, questa entità così importante nel determinare la civiltà delle nostre esistenze, è stato contagiato dalla problematizzazione della sofferenza pisichica, e più in generale dalle questioni relative alla mente, lo si deve, nel mondo dei media, principalmente a Luciana Sica: non è poca cosa di cui esserle grati.

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