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Una nuova interrogazione parlamentare sul Centro Sperimentale di Cinematografia

Una nuova interrogazione parlamentare sul Centro Sperimentale di CinematografiaSergio Castellitto – foto Ansa

Arte e politica Il deputato Avs Grimaldi chiede chiarimenti sul licenziamento del dirigente Stefano Iachetti. Ancora dubbi sulla gestione Castellitto

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024

Passano i ministri, rimane il «pasticciaccio» di via Tuscolana. Ieri il deputato Avs Marco Grimaldi ha presentato la quarta interrogazione parlamentare sul Centro Sperimentale di Cinematografia, stavolta diretta ad Alessandro Giuli. Speriamo si riveli più solerte nelle risposte a fronte di quelle mai arrivate da parte di Sangiuliano.

RIMANGONO infatti ancora diversi punti da chiarire nonostante il presidente del Centro sperimentale Sergio Castellitto abbia provato a mettere le mani avanti con una lettera pubblicata due giorni fa dal «Corriere della sera». La questione più oscura è quella del licenziamento del dirigente Stefano Iachetti. Secondo la ricostruzione dello stesso Castellitto: «A seguito dell’apertura di un procedimento disciplinare, il Consiglio di amministrazione, all’unanimità, ha deciso di rimuovere il dirigente dall’incarico». Iachetti, una vita in Cineteca nazionale dove è arrivato nel 1984, sarebbe colpevole di aver inviato autonomamente, senza l’approvazione del Cda e del presidente, un contratto di assunzione ai 17 lavoratori e lavoratrici reclutati dalla Cineteca per la digitalizzazione dei film, così da rilanciare e dare continuità a un progetto importante arrivato al suo termine all’inizio dell’estate.

SE ANCHE così fosse – e nell’interrogazione di Grimaldi non si parla di contratti inviati da Iachetti ma di una raccolta dati in vista della loro formulazione – c’è da capire se l’illecito compiuto da Iachetti sia tale da giustificare un licenziamento. Perché, a voler pensare male, potrebbe sembrare che un dirigente sia stato rimosso per essersi speso per 17 lavoratori e lavoratrici precari, a fronte delle consulenze d’oro elargite da Castellitto e ormai ben documentate.

La lettera al «Corriere» prendeva di petto anche questo tema. La villa da 24mila euro all’ultimo festival di Venezia? Era la base operativa del Csc, non solo della famiglia Castellitto. Gli avvocati e i consiglieri costati centinaia di migliaia di euro? Lo aveva fatto anche la dirigenza precedente. I 4mila euro per Maragret Mazzantini, moglie di Castellitto, invitata come relatrice al convegno sui Cineasti della diaspora della Cineteca? Ha preso quanto lo scrittore David Grossman nella stessa occasione. Se anche la Corte dei conti non dovesse riscontrare irregolarità, di sicuro all’attore e regista manca il buon gusto di una gestione sobria e non personalistica laddove 17 persone sono state mandate a casa perché non ci sarebbe il budget per coprire i loro stipendi.

Quando, il 29 agosto, Castellitto aveva scritto un comunicato per rispondere alle domande sollevate dalla stampa in merito all’incendio delle pellicole avvenuto a giugno, il presidente si era discolpato: «È stato pubblicato un comunicato sul sito della Fondazione, ma è stato rimosso su indicazione della Direttrice Generale Monica Cipriani in quanto ritenuto dalla stessa lesivo dell’immagine del Csc». Tutta colpa di Cipriani, insomma, se dell’incendio non si è fatta menzione pubblica per due mesi. Non proprio un grande spirito di collaborazione e responsabilità da parte del presidente. Con Iachetti potrebbe essere accaduto lo stesso: si punta il dito contro dirigenti sgraditi, non si guarda la luna dei lavoratori precari rimasti a casa. Lo stile della governance appare ancora una volta improntato a difendere gli interessi di fedeli e fedelissimi e non del Centro sperimentale tutto.

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