Visioni

Una notte a Nashville con Robben Ford

Una notte a Nashville con Robben FordRobben Ford – foto Future/will Ireland

Note sparse Esce l'album «Night in the city»

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 13 dicembre 2023

Due anni fa, in occasione dell’uscita di Pure, primo album interamente strumentale dai tempi di Tiger Walk (1997), Robben Ford aveva dichiarato di avere molte più cose da dire attraverso la musica che non a parole. Registrato dal vivo alla City Winery di Nashville in quello stesso 2021, Night In The City (Ear Music) appare un ulteriore tassello a sostegno di quella tesi, con due soli brani cantati (Cotton Candy e Just Another Country Road) tra le otto tracce del cd (sette nell’edizione in vinile).

DI COSE da dire, musicalmente, l’album è pieno. Innanzitutto ristabilisce sin dalle prime due tracce le coordinate stilistiche del sublime chitarrista californiano, aprendo con il jazz rock di Go, giocato sui riff all’unisono tra corde e fiati, per poi puntare verso le latitudini del Blues For Donnie Lonegan, con un turnaround armonico di cui i fiati di Jeff Coffin e Jovan Quallo sottolineano i passaggi cromatici ricordando gli Allman Brothers di Stormy Monday. Tra questi due porti sicuri, Robben può permettersi di navigare tra le correnti di Balafon, Pure e Anto’nate’n’tate (piccolo omaggio alla sezione ritmica composta da Anton Nesbit e Nate Smith).

SOPRATTUTTO, Night In The City riafferma con forza che l’unità di misura espressiva di Ford non è l’album né la canzone, ma la singola frase. Bastano poche battute, anche pescate a caso tra le tracce, per dimostrare l’ineluttabile sconfitta di qualsiasi etichetta di genere: non è tanto il ritrovare elementi jazz nel blues, o viceversa, quanto l’essere immersi in un esperanto che pervade ogni fraseggio con trame ricchissime e mai ingabbiate dalle geometrie chitarristiche. Scale alterate, cellule melodiche di stampo bebop, approcci cromatici che ritardano l’arrivo sulla terza maggiore quel tanto che basta per farcela realmente desiderare. Del suo vecchio capobanda Miles conserva l’essenzialità melodica; di Coltrane il flusso improvvisativo di carattere modale; da BB King e Eric Gale eredita la pronuncia caratterizzata dall’attacco potente sulle corde, plettro e dita con quanta più carne possibile.
Invecchiando, Robben Ford dimostra di voler ulteriormente rifinire le sfumature di tocco, affidando dinamiche e timbri alle posizioni della mano destra, mentre i coni del suo Dumble ritrovano il massimo volume sul palco della Winery. «Quando un album live riesce a rappresentare il meglio di te», dice lui, «è un successo raro».

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