Cultura

Una matrioska per raccontare la realtà

Una matrioska per raccontare la realtàSuperstudio, Salvataggi di centri storici italiani (Italia vostra), Firenze, 1972 – Foto C. Toraldo di Francia

Architettura Al Maxxi di Roma, la retrospettiva dedicata a Superstudio, a cura di Gabriele Mastrigli, per celebrare i cinquant'anni di visionarietà del collettivo

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 21 aprile 2016

Superstudio 50 è la retrospettiva appena apertasi al Maxxi di Roma, dedicata a uno dei più influenti gruppi dell’architettura radicale italiana della seconda metà degli anni Sessanta. La mostra (visitabile fino al 4 settembre prossimo) è curata da Gabriele Mastrigli ed è l’esito di una ricerca durata anni, basata su un fitto dialogo tra il curatore e il collettivo, da cui la serie di «Conversazioni» raccolte in Superstudio. La vita segreta del Monumento continuo, pubblicata recentemente da Quodlibet.
Superstudio 50 celebra così il suo cinquantenario. Fondato a Firenze da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia (ai quali si uniscono poi Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris e Alessando Poli), debuttò con la mostra Superarchitettura, inaugurata a Pistoia nel 1966, un anno estremamente «caldo», in una scena intellettuale scissa dall’alluvione di Firenze e che vede uscire alcuni testi fondamentali come L’architettura della città di Aldo Rossi, Il territorio dell’architettura di Vittorio Gregotti, Complexity and contradiction in architecture di Robert Venturi e molto altro.

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Il lavoro di Superstudio si colloca obliquamente in questo contesto, caratterizzato da una speculazione teorica rispetto all’architettura italiana che usciva dal dopoguerra e cavalcava l’onda del boom economico, dal diffondersi della cultura di massa e da una presenza molto forte della politica nella scena culturale. Ciò che li ha resi radicali, secondo una definizione coniata più tardi da Germano Celant, e che ancora oggi ne costituisce la cifra, è la loro critica a quel sistema attraverso una forma di comunicazione capace di raccontare spazi e scenari altri, in cui l’impiego della visione e di un nuovo immaginario giocano un ruolo importantissimo nella costruzione di un’idea alternativa di progetto, di vita e di società. Superstudio traduce in immagini lo slancio eccitato e timoroso verso il futuro, molto spesso etichettato come utopico, ma al contrario estremamente radicato alla realtà, agli aspetti che mette in crisi. E nello scenario odierno, in un momento in cui ogni immagine di futuro si prospetta più greve del presente, il lavoro di Superstudio esercita un magnetismo fortissimo; la capacità di proiettarsi in un altrove apre lo sguardo e il respiro di chi osserva, riconsegnando fiducia al progetto come strumento di immaginazione e trasformazione del reale.

Rispetto alle altre rassegne dedicate al gruppo, Superstudio 50 ha un inedito carattere di completezza, e si presenta come un «viaggio di formazione» che ripercorre l’intero percorso del collettivo fin dagli esordi. Al Maxxi, per la prima volta nella storia del gruppo, alcuni progetti come il Monumento Continuo (1969), gli Istogrammi d’architettura (1969-70) e La moglie di Lot (1978), vengono esposti contemporaneamente, in un racconto corale in cui l’insieme amplifica e allo stesso tempo stempera le singole voci. Oggetti, disegni, fotomontaggi, mobili, film, installazioni ripropongono i molteplici registri espressivi con i quali i componenti di Superstudio hanno comunicato una nuova idea, o meglio una nuova rappresentazione dello spazio. Tutta la mostra è scandita dal doppio registro scrittura/immagine, narrazione/rappresentazione, in un progetto racchiuso nelle figure, nella visione che ambiguamente appare come promessa, prefigurazione, o come oggetto, prodotto finale.

L’allestimento è un’opera di Superstudio realizzata appositamente per l’esposizione: un muro rosso lungo 80 metri che attraversa longitudinalmente gli spazi del Maxxi, indifferente a ciò che trova, come il Monumento Continuo con i grattacieli di Manhattan, e fa da supporto alle opere grafiche, diventando esso stesso un’installazione.
La retrospettiva romana è stata anche l’occasione per terminare il film sul Monumento Continuo e trasformare il celebre storyboard del 1969 in pellicola, grazie al lavoro del videomaker Lucio La Pietra. Racconta e allo stesso tempo alimenta il lavoro del gruppo, senza tralasciare l’eredità che Superstudio consegna alla scena attuale, affidando ai video di Hironaka&Suib e Rene Daalder e alle fotografie di Stefano Graziani delle interessanti interpretazioni contemporanee della loro produzione.

Come una matrioska, Superstudio 50 raccoglie tante mostre nella stessa mostra, a testimoniare quanto complesse e incredibilmente attuali siano le trame di un progetto che ha costruito un mondo attraverso l’immateriale, usando solo le storie e le figure, consegnando un lascito solido e molto meno effimero di tanta architettura nata per essere costruita e per trasfigurarsi in realtà

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