Cultura

Una mappa postcoloniale e di genere

Saggi «Il silenzio della terra» (Mimesis), il volume scritto e curato da Laura Corradi, ricercatrice all’università della Calabria dove insegna Studi di genere e metodo intersezionale, e Raewyn Connell, sociologa australiana

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 15 gennaio 2016

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Si intitola Il silenzio della terra. Sociologia postcoloniale, realtà aborigene e l’importanza del luogo (Mimesis, pp. 138, euro 14) ed è il volume scritto e curato da Laura Corradi, ricercatrice all’università della Calabria dove insegna Studi di genere e metodo intersezionale, e Raewyn Connell, sociologa australiana e docente all’università di Sidney. Il libro nasce da un percorso politico e di condivisione che ha impegnato le due autrici per circa venti anni.

L’esigenza primaria è quella di una critica nei confronti delle scienze sociali convenzionali come unico modo di decifrare il mondo, quindi lo spostamento verso culture antichissime sopravvissute a secoli di colonialismo per aprire a una riflessione che tenga conto delle lotte per la giustizia economica, sociale, ambientale e per le differenze. Ciò da cui procede l’intero ragionamento è il sud del mondo e il coinvolgimento – sia scientifico che politico – che le due autrici hanno avuto, e continuano ad avere, nei movimenti sociali e nella ricerca.

Nella prima parte del volume, Laura Corradi affronta alcuni nodi inerenti la teoria sociale per segnalare da un lato le categorie adottate dalle scienze sociali occidentali con cui leggere il presente, e dall’altro lato per chiarire la contiguità con la difesa dei diritti della terra, delle comunità aborigene e della loro cultura. Essenziale risulta quindi illustrare le teorie postcoloniali, gli studi contro-egemonici per poi virare su idee specifiche quali modernità, globalizzazione e l’intersezione con alcune teorie femministe.

Lo scenario entro cui si collocano le teorie critiche aperte agli studi postcoloniali, è mosso tra gli altri tra Du Bois, James, Fanon, Césaire, Said, Memmi e Condè, non ignorando la ricezione italiana e gli scambi proficui in luogo di lavori come per esempio quello di Sandro Mezzadra. Corradi presenta nel testo una rassegna che si articola e si dipana, arrivando alle questioni epistemologiche più cogenti e a paradigmi di tipo olistico, affettivo ed empatico. L’intersezione fra postcoloniale e femminismo prevede una interrogazione su genere e razza, classe e colore, nazione e religione su cui si sono concentrati già molti studi che Corradi segnala e commenta costruendo un’utile mappa – anche da un punto di vista didattico.

Infine l’importanza del luogo nei sistemi di conoscenza indigeni viene sviluppata nella seconda parte del volume da Raewyn Connell che, nella sua lunga carriera, ha scritto numerosi e importanti saggi di cui solo due tradotti in Italia – Maschilità (1996) e Questioni di genere (2011). Il titolo del contributo verte di proposito sul cosiddetto silenzio della terra.
«L’idea di spossessamento – uno dei concetti più importanti e meno teorizzati nelle scienze sociali – ha bisogno di affondare le radici nel fango di paesaggi particolari». Prendere la terra seriamente significa infatti connettere la «grounded theory» alla materialità del terreno in cui la ricerca empirica agisce, per osservare e «vangare» i dati raccolti.

Nella complessa dialettica luogo-potere, le esperienze indigene di lotta per i diritti della terra sono così osservatori cruciali anche per la rigenerazione delle scienze sociali.

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