Una lezione di giornalismo
Archivio /11 settembre 2001 Questo articolo è comparso sul manifesto del 13 settembre 2001
Archivio /11 settembre 2001 Questo articolo è comparso sul manifesto del 13 settembre 2001
I grandi uomini si vedono nei momenti di crisi, e lo stesso vale per i grandi giornali: con un’edizione sobria, completa, dai toni misurati, ieri il New York Times ha dato una lezione di giornalismo al mondo.
Mentre i quotidiani italiani facevano a gara nell’usare aggettivi ridondanti e affondavano negli stereotipi della guerra e dello “scontro di civiltà”, il Times titolava con misura “Attaccati gli Stati Uniti. Un giorno di terrore a New York e a Washington”. Sotto, una foto dell’alba sulla parte sud di Manhattan, dove avrebbero dovuto esserci le torri gemelle dello World Trade Center e invece c’era solo una nuvola di fumo e polvere.
Tutti i titoli del giornale di ieri riferivano fatti, senza nessuno sforzo di drammatizzare ulteriormente una realtà sufficientemente tragica: l’articolo di Serge Schmemann, un ex corrispondente da Mosca appariva sotto questa headline: “Hijacked jets destroy twin towers and hit Pentagon”. A fianco, il veterano dell’analisi politica R. A. Apple si interrogava sulle conseguenze di questo attacco. Un altro articolo riferiva delle varie dichiarazioni di Bush durante la giornata mentre, a fianco, compariva il titolo più tragico di tutti: “Rescue workers rush in, and many do not return”, “I soccorritori si precipitano sul posto, ma molti non ritorneranno”.
Ci potrebbero essere centinaia di morti e feriti, infatti, tra i pompieri e i paramedici accorsi sul luogo del disastro e investiti dal crollo delle due torri, avvenuto oltre un’ora dopo il primo impatto dell’aereo che aveva colpito la torre Nord.
Un altro articolo con il richiamo in prima pagina identificava tra le probabili vittime la vedova dell’attore Anthony Perkins, che era anche la sorella dell’attrice italiana Marisa Berenson e Barbara K. Olson, la moglie di Theodore B. Olson, solicitor general degli Stati Uniti, l’equivalente del nostro Avvocato generale dello Stato. La signora Olson avrebbe parlato col marito dall’aereo che si stava per schiantare sul Pentagono usando il suo cellulare.
Nelle pagine interne molti articoli sui feriti (“Survivors are found in the rubble” e strazianti foto sui molti che si sono gettati dalle finestre del World Trade Center senza aspettare i soccorsi o cercare di scendere le scale. Nulla, tra quanto si è visto finora, supera in drammaticità queste immagini di corpi in volo, o maciullati a terra prima ancora che avvenisse il crollo dei due grattacieli.
L’editoriale non firmato del giornale sembrava assolvere preventivamente il governo e i servizi segreti che non avevano previsto i dirottamenti e gli attacchi (“An unfathomable attack“, “Un attacco imprevedibile”) ma la critica al comportamento di George W. Bush era esplicita: “Il Presidente è stato a lungo irreperibile (out of sight) mentre il suo aereo sembrava vagare nel centro dell’America in cerca di sicurezza”.
Mentre da più parti si levavano le voci per un’immediata rappresaglia (per esempio, nella pagina accanto, William Safire) l’editoriale prendeva una posizione razionale, una lezione per i numerosi commentatori che invocavano il biblico “occhio per occhio”.
Scriveva infatti il Times: “Questa è un’epoca in cui perfino la vendetta è complicata, un’epoca in cui è difficile far corrispondere il desiderio di punizione con la necessità della certezza (sull’identità dei colpevoli ndr)”.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento