Cultura

Una kermesse affollata tra universale e locale

Una kermesse affollata tra universale e localeIl padiglione Italia disegnato dallo studio Stefano Boeri Interiors; al centro, opera di Alessandro Mendini / foto Ap

Buchmesse Il tema è «Radici nel futuro» e l'Italia è paese ospite. Le voci di autrici e autori invitati: da Durastanti a Parrella passando per Janeczek, Latronico e Desiati

Pubblicato 22 giorni faEdizione del 16 ottobre 2024

Radici nel futuro: è questo il motto scelto dall’Italia che nel 2024 è il paese ospite d’onore alla fiera del libro di Francoforte ( da oggi al 20 ottobre). Era già accaduto nel 1988 e da allora, secondo l’Associazione italiana editori, il mercato editoriale nel nostro paese si è ampliato in modo esponenziale. Per questo forse sul sito della Frankfurter Buchmesse si fa riferimento all’ottimismo e alla vitalità, nonché allo spirito progressista, come caratteristiche della cultura italiana, seppur di questi tempi suoni strano.

Le scrittrici e gli scrittori italiani presenti alla fiera saranno circa novanta, coinvolti in eventi davvero vari, da conversazioni su temi di attualità e storici a questioni più prettamente letterarie, nonché presentazioni di libri vere e proprie e ovviamente riflessioni sul rapporto tra l’Italia e la Germania. Oggi Andrea Bajani e Mario Desiati parteciperanno al panel Andare a vivere a Berlino, guidati nella conversazione da Maria Carolina Foi, germanista, docente all’università di Trieste. Secondo Desiati, che a Berlino ha ambientato parte del suo ultimo romanzo Spatriati (Einaudi, 2021), a rendere la capitale tedesca un luogo così significativo per scrittrici e scrittori italiani è che si tratta di una città «dove sembra che puoi parlare con i morti. Te ne accorgi anche semplicemente camminando in un parco, quando ti imbatti nei cimiteri, con le loro tombe bianche come pasticcini: è una similitudine che prendo in prestito da Jan Wagner. Hai l’impressione che Berlino non abbia paura di mostrare il passato, facendolo però all’interno di un progetto, del resto non c’è memoria senza futuro».

L’INFLUENZA DEI LUOGHI sulla scrittura è un tema che ritorna anche nell’incontro del 18 ottobre: Brooklyn, la Baviera, l’Italia: un mondo da raccontare, che vede protagoniste le autrici Claudia Durastanti e Helena Janeczek. Ma la letteratura può fornire un antidoto al dolore della non appartenenza? Durastanti risponde che «scrivere tanto di luoghi – in tutti i miei romanzi lo spazio anticipa la trama e la storia – è stato un modo per risolvere le mie false credenze sull’appartenenza: dal ritenere che la landlessness di cui parla Elizabeth Hardwick a proposito di Melville fosse indice di sradicamento a maturare la convinzione che si tratta invece di una proliferazione di legami e di dimore anche molto distanti tra loro, persino in epoche diverse».
«Nel mio ultimo romanzo Missitalia (La nave di Teseo, 2024) – prosegue la scrittrice – racconto la vita sullo spazio basandomi sul concetto di somiglianza. Per immaginare la fantascienza sulla Luna mi sono affidata tanto ad Ariosto quanto all’esperienza dei migranti della mia famiglia nel Nuovo Mondo: l’impatto di Manhattan su mia nonna che veniva dalla campagna lucana non può essere così dissimile da quello che la Luna potrebbe avere su di me se diventassi una migrante spaziale».

HELENA JANECZEK parteciperà anche a una conversazione con Donatella Di Pietrantonio dal titolo Il ritorno dei fantasmi. Per la scrittrice bavarese-polacca «la narrativa italiana racconta i fantasmi del passato con molti libri che affrontano ciò che la società e anche la cultura italiana si sono ben guardate dall’elaborare, anche se in Italia i rimossi collettivi che lasciano indisturbati i fantasmi sono davvero moltissimi. Penso, per esempio, a tutto ciò che è accaduto negli anni ’70, che continua a essere una materia così complessa se non caotica e senz’altro traumatica su cui c’è ancora moltissimo da raccontare».

VALERIA PARRELLA, che il 18 ottobre insieme a Marco Missiroli parteciperà a un dialogo su come si descrive l’epoca contemporanea, definisce la tendenza della narrativa italiana a concentrarsi su storie ambientate nella prima metà del ‘900 come derivante da un certo gusto «per il romanzo seppiato. Si tratta di un’espressione che abbiamo coniato con Alessandra Sarchi e che si riferisce soprattutto allo stile di alcuni testi e al fatto che i contenuti, seppur sostenuti spesso da ottime ricerche d’archivio, sono interpretati in chiave contemporanea, per questo seppiati».
Il romanzo italiano è poi al centro di un dialogo tra Vincenzo Latronico e Gianluigi Simonetti che si terrà domani, sul tema più ampio dell’esistenza e della necessità del grande romanzo europeo. «Le storie “universali” – afferma Latronico – sono appannaggio della letteratura dominante, in inglese; a quelle che prima erano “letterature nazionali” e ora sarebbe più corretto chiamare “locali” viene chiesto il folklore, il tocco di esotismo. Luoghi noti, storie rassicuranti, pizze e vicoli coi panni stesi e Madonne che piangono. Questo crea anche un problema immaginativo: noi stessi, da lettrici e lettori, fatichiamo a leggere l’universale in una storia locale, ambientata in Giappone o in Norvegia».

LA PRESENZA delle scrittrici nel mercato editoriale, nonostante le autrici spopolino nei premi nazionali e internazionali, nonché nelle librerie, viene ancora indicata anche alla Buchmesse con termini desueti, quali «letteratura femminile» o simili. Abbiamo chiesto a Valeria Parrella che alla fiera presenterà anche la sua ultima raccolta di racconti Piccoli miracoli e altri tradimenti (Feltrinelli) se userebbe per i suoi testi l’aggettivo femminista. «Tutta la mia letteratura è in qualche modo femminista, io sono femminista, mia madre lo era, mio padre lo è, lo sono mia sorella e le mie amiche, con cui alla fine non facciamo altro che parlare di femminismo».

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