Cultura

Una guida d’artista tra i paesaggi del vuoto

Una guida d’artista tra i paesaggi del vuotoCementificio Marchino Le macine Prato (costruito nel 1926 e dismesso nel 1956)

SCAFFALE «La Mappa dell’abbandono», di Giacomo Zaganelli

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 12 dicembre 2018

Il «restringimento» delle città è un fenomeno globale: invecchiano e producono l’abbandono di una miriade di edifici. L’architetto berlinese Philipp Oswalt, con il progetto internazionale Shrinking Cities, misura da almeno un decennio la consistenza di questo evento, non solo nella Germania orientale, da dove hanno avuto inizio le sue ricerche, ma pure in altri continenti oltre l’Europa.
L’Italia non fa eccezione. L’elenco degli edifici dismessi è lungo e comprende fabbriche compromesse dall’avanzare della deindustrializzazione, sanatori e vecchi ospedali dismessi dal progresso medico-scientifico, colonie marine e complessi termali resi obsoleti dalla crisi del welfare. Si spopolano non solo i luoghi del lavoro, della cura o del tempo libero, ma anche i centri urbani, quelli più fragili per localizzazione e dimensioni. Le cause sono molteplici, tra queste la decrescita demografica e il diverso ordine degli investimenti nell’epoca del postcapitalismo.

GIACOMO ZAGANELLI, artista fiorentino impegnato sui temi delle relazioni tra arte e paesaggio, ha intrapreso nel 2010 una singolare esperienza pubblicando online un database fotografico di circa trenta edifici abbandonati situati tra Firenze, Lucca e Livorno. Da quella prima ricognizione è nata una pubblicazione, La Mappa dell’abbandono (Centro Di, pp.191, euro 30), che nelle intenzioni dell’editore è la prima delle venti guide d’artista che ci «condurrà o riporterà a una conoscenza del territorio italiano – come scrive nella premessa Ginevra Marchi – alternativa ai percorsi solitamente turistici».
Distante dagli itinerari canonici, la Toscana va conosciuta anche per il suo patrimonio architettonico dismesso, in molte situazioni ormai prossimo alla rovina. Rovina che, diversamente da ciò che scrive l’autore, non è «necessaria affinché da essa possa rinascere e svilupparsi un contesto più fertile». Lo stato di degrado nel quale si trovano agglomerati urbani e singoli edifici rappresenta la perdita dei valori storici e culturali del passato. In questo senso la «mappa» ideata da Zaganelli, moderno flâneur, può servire affinché, ad esempio, le Cascine di Tavola attribuite a Giuliano da Sangallo, fermata la speculazione, siano restaurate. Altrettanto l’ottocentesco Castello di Sammezzano di Ferdinando Panciatichi e stessa sorte l’abbiano le architetture della modernità come il Sanatorio Banti, fuori Firenze, o il Mercato dei Fiori di Pescia del gruppo Savioli-Ricci-Gori.

GLI ITINERARI degli abbandoni sono vari e si dispiegano tra la pianura, lungo l’Arno, «all’ombra degli Appennini», alla costa. Non c’è porzione della Toscana che non custodisca insieme alle memorie artistiche qualche resto di architettura vuota: dalla Cartiera Cini a San Marcello-Piteglio al Cementificio Le Macine a Prato, fino alla Fornace Brunelleschi di Pontassieve. L’impegno finanziario per salvare un così vasto patrimonio immobiliare ha necessità di nuovi strumenti e soggetti, ma in particolare nuove destinazioni. La funzione museale non è la sola, come dimostra il Borgo di Castelnuovo dei Sabbioni (Ar), in parte trasformato in Museo delle Miniere e del Territorio, e come sarebbe auspicabile che avvenga per le Officine Galileo (Fi). In molti casi, è indiscutibile che le nuove destinazioni coincidano con quelle originarie: turistiche, come per la Colonia Ettore Motta a Massa. In altri, c’è bisogno di una progettazione mirata e sostenuta da seri studi di fattibilità: il solo modo per evitare che alla «mappa dell’abbandono» si aggiungano altre tappe nella prospettiva che quelle segnalate tornino presto a nuova vita.

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