Sveglia alle quattro del mattino, quaranta minuti di pullman e si arriva a San Foca che è ancora buio. Non si distinguono i volti di chi distribuisce coperte, mentre si cammina verso la spiaggia adriatica. L’umidità penetra nelle ossa degli insonni spettatori, convocati all’alba da Mario Perrotta, per il primo appuntamento di Versoterra, il progetto sui migranti che l’autore-attore-regista ha voluto realizzare con una cinquantina di persone nel suo Salento, dopo l’esperienza di Ligabue sul Po dello scorso anno.

Che la location non sia casuale lo si capisce appena iniziano le proiezioni sulla facciata dell’ex Cpt Regina Pacis, noto per la violenta gestione di don Cesare Lodeserto, condannato a cinque anni e quattro mesi per una serie di reati commessi contro gli ospiti. E intanto che l’aurora rischiara l’aria, si intravede una barchetta col suo carico umano, subito riversato sulla riva. In fila, donne e uomini si avvicinano e raccontano, sulla musica di un’orchestra, le proprie dolorose vicende, che nella scrittura di Perrotta vanno a creare un mosaico di iperboli, a sottolineare i luoghi comuni di cui sono farcite le cronache degli sbarchi degli ultimi due decenni.

Un sorriso amaro suscita la paradossale vocazione ad essere scafista di Ippolito Chiarello, attore, e qui anche regista di percorso, votato – questo davvero – a denunce estreme col suo lavoro. Quando il sole è già sorto dietro le montagne dell’Albania, mani guantate di africani in mascherina offrono caffè caldo e dolci salentini, con uno spiazzante ribaltamento di posizione.

Non resta che abbandonare quel luogo per raggiungere il Castello Carlo V, nel centro di Lecce, dove Perrotta è pronto a sferrare altri pugni nello stomaco con il live del suo Emigranti Esprèss, il ciclo di monologhi di Rai2 Rai sulle emigrazioni italiane, e la sequela di personaggi che affollavano ogni giorno il treno Lecce/Stoccarda. Carne da macello da infilare nei tunnel di 25 centimetri delle miniere di carbone. Dignità spezzate nella corsa al progresso le cui voci Perrotta ha ritrovato attraverso ricerche e interviste.
E poi via verso Porto Selvaggio, ad aspettare il tramonto sullo Jonio e ascoltare il disincanto di chi è riuscito a sbarcare, ma non ha trovato l’accoglienza sperata.

Corpi appesi agli alberi del parco e altri che galleggiano nell’acqua della piccola baia rendono la bellezza assoluta del paesaggio insostenibile allo sguardo, mentre scende la notte e si riparte, di nuovo verso Est.
È buio quando si raggiunge la caletta di Acquaviva, a Marittima di Diso, per incontrare la voce ferma e il canto brillante di Paola Roscioli, sola sul palco montato nell’acqua, davanti all’Albania, per Lireta – a chi viene dal mare.
Accompagnata dalla chitarra di Laura Francaviglia e il violoncello di Samuele Riva, in novanta minuti l’attrice entra nella vita di Lireta Katiaj, combattiva giovane albanese, autrice di un diario che Perrotta ha trovato nell’Archivio di Pieve Santo Stefano (ora pubblicato da Terre di Mezzo).