Una Gibson da salvare
Lo storico produttore di chitarre non vende più e rischia la chiusura. È la fine di un’epoca?
Lo storico produttore di chitarre non vende più e rischia la chiusura. È la fine di un’epoca?
«This machine kills Fascists». Era la scritta sulla Gibson L-0 di Woody Guthrie, il padre del folk americano. E Gibson è il marchio che campeggia sulle chitarre (e sui bassi, sui mandolini…) di alcuni dei più importanti musicisti rock e jazz di sempre: un elenco largamente incompleto comprende, oltre a Guthrie, Chet Atkins, Eric Clapton, Bob Dylan, The Edge, Dave Grohl, Tony Iommi dei Black Sabbath, B.B. King, Mark Knopfler, John Lennon, Bob Marley, Les Paul (che ha dato il nome a uno dei modelli più famosi), Jimmy Page, Elvis Presley, Slash, Muddy Waters, Angus Young e Frank Zappa. È notizia di questi giorni che la storica casa produttrice di chitarre, fondata nel 1902 a Kalamazoo, rischia la bancarotta.
Il 9 febbraio scorso il Nashville Post ha pubblicato un articolo, ripreso dalle testate di tutto il mondo, che racconta di una situazione debitoria di oltre 400 milioni di dollari da sanare entro luglio. Secondo gli analisti consultati dal quotidiano, le possibili soluzioni sono tre: ottenere un prestito per ripianare i debiti, vendere una parte sostanziale dei beni dell’amministratore delegato Henry Juszkiewicz, o entrare in amministrazione controllata per evitare il fallimento. Questa notizia si aggiunge alla chiusura annunciata lo scorso ottobre dello stabilimento di Memphis in cui si producevano le chitarre semiacustiche, come la ES-345 «Lucille» resa famosa da B.B. King. Se la situazione non cambierà, si corre seriamente il rischio di veder sparire dal mercato modelli storici come la Les Paul, che ha definito buona parte del suono del rock, la SG, in Italia nota anche come «Diavoletto» per la sua forma caratteristica, che identifica band come Black Sabbath o AC/DC, o strumenti molto particolari come la Explorer, la prima chitarra di The Edge degli U2, e allo stesso tempo icona del genere metal, o come la ESD-1275, la chitarra a doppio manico resa famosa da Jimmy Page nelle sue esecuzioni di Stairway to Heaven. Alcune chitarre storiche sono state vendute all’asta per cifre straordinarie, come un’acustica modello J-160E appartenuta a John Lennon, che è stata aggiudicata nel 2015 a 2,4 milioni di dollari.
I motivi di questa crisi sono diversi: alcune scelte societarie di Juszkiewicz hanno portato perdite all’azienda e non hanno giovato alla sua immagine. Il direttore finanziario Bill Lawrence ha lasciato l’azienda dopo meno di un anno. Nel 2009 e nel 2011 la Gibson ha subito due grossi sequestri di partite di legno provenienti dal Madagascar che erano state importate negli Usa illegalmente. Secondo l’analista del Nashville Post, qualsiasi soluzione si troverà per superare questa crisi, sarà necessario ristrutturare in qualche modo l’intera azienda.
Il problema che ha investito la Gibson, però, affonda le sue radici in una situazione più estesa: negli ultimi anni c’è stato un radicale cambiamento del modo di ascoltare e suonare musica. Dopo che l’onda lunga del grunge si è esaurita all’inizio del nuovo millennio, il rock chitarristico ha perso la sua spinta e oggi si trova relegato in una posizione non secondaria dal punto di vista dei numeri (i tour di band come U2, Rolling Stones o Bruce Springsteen fanno ancora registrare risultati impressionanti), ma di minore importanza culturale e nell’immaginario collettivo. Sempre meno giovani ascoltano musica alla cui base c’è il suono della chitarra e, di conseguenza, si vendono sempre meno strumenti. Per semplificare, si potrebbe dire che il rock è il nuovo jazz: un genere musicale che, anche se è in grado di produrre ancora lavori culturalmente rilevanti e di muovere un mercato di dimensioni notevoli, ha perso la sua presa su quello che da sempre è il target principale: i giovani. Secondo un articolo del Washington Post del giugno 2017, il mercato si è ristretto di un terzo dal 2010 a oggi e da 1,5 milioni di pezzi venduti all’anno si è scesi a un milione. Anche le altre grandi marche come Fender o Paul Reed Smith sono in situazioni di debito, anche se non grave come l’azienda fondata da Orville Gibson.
Alessandro Portelli, professore di letteratura americana ed esperto di storia orale, racconta che Pete Seeger, uno dei numi tutelari del folk americano e ispirazione di leggende del rock e premi Nobel, una volta gli disse che lo strumento folk per eccellenza del XX secolo è la chitarra elettrica. La dimostrazione di questa teoria è che durante tutta la storia del rock (e del jazz) non siano mai mancati i guitar hero, molti dei quali usavano una Gibson come loro strumento principale, che hanno ispirato gli appassionati a imbracciare una chitarra, imparare «tre accordi e la verità», sentirsi una rockstar e, magari, diventarlo davvero. Oggi i generi musicali che hanno maggiore presa sono basati su suoni e strumenti diversi, spesso creati con dei software, e sempre meno persone si avvicinano agli strumenti «tradizionali». Se questa tendenza continuerà, è possibile che lo strumento folk del XXI secolo sarà un programma per computer o tablet. Probabilmente è inevitabile, ma l’idea di un mondo senza la Gibson mette una profonda nostalgia. Citando un tweet di Andrea Pomella: «Io non voglio vivere in un tempo in cui l’industria delle armi dichiara un impatto di 49 miliardi di dollari sull’economia nazionale statunitense, mentre la Gibson (quella che fa le chitarre più belle del mondo) è sul precipizio della bancarotta».
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