Una e mille Berlinale
Cinema Inaugurazione domani con Nobody Wants the Night di Isabel Coixet, ma il vero evento si preannuncia Une jeunesse allemande, il film sulla Raf
Cinema Inaugurazione domani con Nobody Wants the Night di Isabel Coixet, ma il vero evento si preannuncia Une jeunesse allemande, il film sulla Raf
Dei film italiani si è già detto: tre anni dopo (era il 2012) l’Orso d’oro ai fratelli Taviani per Cesare deve morire, la Berlinale ha scommesso su una esordiente,Laura Bispuri,scegliendo per il concorso il suo primo lungometraggio, La vergine giurata, protagonista Alba Rohrwacher. Fuori concorso verrà proposto al pubblico internazionale il capolavoro di Olmi Torneranno i prati (sezione Gala) mentre un altro giovane regista, Francesco Clerici, fa parte della selezione del Forum con Il gesto delle mani. Non solo: ci sono Cloro di Lamberto Sanfelice e Short Skin di Duccio Chiarini (entrambi in Generation) ma anche Il segreto di Otello di Francesco Martinotti, «ritratto» affettuoso della vecchia trattoria romana la cui storia si intreccia a quella del cinema italiano. Lì infatti si sono seduti Scola, Maselli, Visconti, Antonioni e tanti altri che di Otello hanno fatto il loro punto di incontro, scontro, chiacchierate e progetti per anni.
Con le sue decine di sale e l’imponente mercato il Festival tedesco che si apre domani (fino al 15) è divenuto uno degli appuntamenti più importanti per l’industria cinematografica mondiale. Non si tratta solo dei film in selezione ma, appunto, il mercato internazionale è il luogo in cui tutti i festival, anche quelli più grandi, cominciano a tessere la trama di rapporti indispensabili per le selezioni a venire – il che spiega l’assurdità che un festival come quello di Roma, al quale tra l’altro è stato stanziato un ulteriore milione di euro di finanziamento pubblico, arrivi a questa data senza una direzione (si dice che il nuovo direttore verrà nominato la prossima settimana). Ovviamente il mercato è anche fondamentale per coproduzioni, distribuzioni e quant’altro, e funziona perfettamente – è quanto manca a Venezia come si sa, e che finora a Roma non si è realizzato.
Fin qui gli addetti ai lavori. Ma la Berlinale è anche, anzi soprattutto un festival che vive nella città con le code interminabili di gente che aspetta pazientemente di ritirare i biglietti, i sold out delle proiezioni (specie quelle serali di Forum e Panorama), le sale stracolme nonostante un’offerta che a ogni edizione diventa sempre più ampia.
La direzione di Dieter Kosslick, confermata fino al 2019, prova che l’indirizzo dato al festival trova l’accordo istituzionale, ha spinto nella crescita numerica dei film rendendo la Berlinale quasi un contenitore (molto postmoderno) multifestivaliero di cui però come tutti i festival l’identità prevalente coincide con il concorso (e non sempre lì ci sono le cose migliori…). Forum e Panorama, le sezioni «parallele» alla gara (dotate di equipe organizzative e artistiche autonome) si sono infatti moltiplicate, il primo con la parte crossover del Forum Expanded, il secondo con le sezioni Dokumenta dedicate al documentario, Speciale e quant’altro. A tutto questo si aggiunge la Berlinale special, Gala, la sezione Cinema&cucina, gli omaggi, la Retrospettiva, il focus sulla produzione nazionale, Generation, ovvero i film per i ragazzi, la nuova sezione di serie tv. Che la quantità poi corrisponda sempre a un livello qualitativo reale è tutto da vedere ma di certo la Berlinale ha scelto senza esitazione questa formula espansa accentuata dopo lo spostamento nella parte est della città, con le nuove sale e gli spazi recuperati, e che ora dallo scorso anno ha ritrovato anche la storica sala a Ovest vicino allo Zoo.
I riflettori illumineranno sul tappeto rosso dell’apertura (piuttosto freddo annuncia la meteo) Isabel Coixet, Juliette Binoche, Riuko Kikuchi, e Gabriel Byrne, regista e protagonisti di Nobody Wants the Night, il nuovo film della regista catalana, una storia d’amore e l’avventura di un viaggio incredibile per l’epoca. Quello della protagonista, Josephine Peary (Binoche) che nel 1908 decide di partire per il Polo Nord, nonostante tutti cerchino di fermarla, alla ricerca del marito, un esploratore.
Ma la temperatura più alta del Festival ci sembra altrove, nelle sale di Panorama che per l’inaugurazione della sezione Dokumenta ha scelto un titolo che si annuncia già come tra gli imperdibili: Une jeunesse allemande di Jean Gabriel Périot, la storia della Raf, la Rote Armee Fraktion, ripercorsa attraverso le immagini di archivio in cui il regista mette a fuoco i protagonisti di quella Storia, Ulrike Meinhof, Andreas Baader, Gudrun Ensslin, Holger Meins, ma soprattutto gli anni sessanta, prima del sessantotto, in un paese come la Germania, uscito dalla guerra e dal nazismo senza però affrontare tutto questo fino in fondo. Dove i figli dei genitori nazisti devono rompere il silenzio per esistere denunciando una continuità inquietante. Sono antagonisti, legati alla scena alternativa, alcuni frequentano la scuola di cinema di Berlino, scendono in piazza contro il Vietnam e contro lo Scià di Persia.
Dice il regista: «Une jeunesse allemande è una storia vera di sconfitte e di paura. Una storia narrata attraverso degli archivi potenti. Nel corso delle mie ricerche sulla Raf ho guardato centinaia di ore di materiali, e l’aspetto che più mi ha colpito, e anche affascinato è il legame strettissimo che ho visto tra Storia e immagini».
In Italia sarebbe impossibile se si pensa agli schiamazzi che ogni volta si scatenano quando si toccano gli anni Settanta e la lotta armata – per citare un esempio recente le polemiche accese su Sangue, il film di Pippo Delbono (nemmeno presentato qui ma allo svizzero festival di Locarno) per la presenza dell’ex leader delle Br Giovanni Senzani, o su Il sol dell’avvenire di Gianfranco Pannone dove si parlava delle Br. Cosa che del resto causa il vuoto di rielaborazione – o la sua rilettura manipolata di quegli anni nel nostro immaginario.
In fondo il cinema tedesco ci si è confrontato in diretta, pensiamo al film collettivo Germania in autunno, e in particolare all’episodio di R.W.Fassbinder, disperato e terribilmente lucido. Al regista è dedicato uno dei molti biopic (da Sundance arrivano quello su Nina Simone, What Happened, Miss Simone? e su Kurt Cobain, Cobain: Montage of Heck, senza dimenticare il ritratto di Yvonne Rainer) presenti alla Berlinale – lo è anche il film di Herzog in gara, Queen of the Desert:Fassbinder – Lieben ohne zu fordern di Christian Braad Thomsen, (e speriamo che non sia un « santino»).
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