Cultura

Una deriva razzista figlia delle politiche Ue

Una deriva razzista figlia delle politiche Ue

Scaffale «Governare la crisi dei rifugiati. Sovranismo, neoliberismo, razzismo e accoglienza in Europa» di Miguel Mellino (Derive Approdi)

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 agosto 2019

Il volume di Miguel Mellino, Governare la crisi dei rifugiati. Sovranismo, neoliberismo, razzismo e accoglienza in Europa (Derive Approdi, pp. 184, euro 18), analizza il dispositivo securitario di controllo sociale attraverso il prisma della razza, del razzismo e delle migrazioni. Denso di riferimenti teorici, il testo legge il sovranismo come esito di una «crisi di egemonia» del modello Maastricht-Schengen, ovvero come «l’esaurimento del modello ordo-liberale di governance promosso dalla Ue durante gli ultimi venticinque anni». Il neoliberismo e il sovranismo, come un’idra a due teste, si disputano il controllo dei territori in una geografia del dominio incerta e in evoluzione. Proprio per questo motivo – chiarisce Mellino – «appare politicamente insufficiente concentrare il fuoco politico sul sovranismo senza porre in discussione la “colonialità” della stessa costituzione della Ue come progetto politico economico». Sovranismo e razzismo, quindi, rovesciano il binarismo discorsivo del diritto, dell’umanitario, della legalità e svelano punti di contatto e linee di continuità nell’intento di amministrare la questione europea, per riprendere le parole di Nicholas De Genova.

LA GENEALOGIA del presente che Mellino propone mira a un rinnovamento della pratica teorica e politica antirazzista. Nel primo capitolo si ricostruisce una geografia della crisi fatta di luoghi – Atene, Lesvos, Idomeni, Ventimiglia, Calais – di immagini, come la fotografia del corpo di Aylan, di una serie impressionante di omicidi in Italia, da Emmanuel Nnamdi a Becky Moses, fino all’azione neofascista di Macerata. È a questo punto che Mellino recupera il concetto di fantasma da Lacan per parlare del delirio securitario, sempre più normalizzato e volto allo sfruttamento razzializzato dei corpi, fatto di campi e regimi disciplinari, di esclusione e inclusione differenziale. Il tal senso, «il sovranismo andrebbe pensato più come una sorta di nemesi della stessa costituzione neoliberale della Ue che non come un fenomeno ad esso estraneo». Esso è un nuovo patto tra produttori nazionali per la messa a valore, anche in chiave securitaria, della razza; è un fenomeno senza «alcuna discontinuità reale con quanto messo in pratica e promosso dalla Ue».

LA NECROPOLITICA è oggetto del secondo capitolo. Partendo dalla critica alla «ragione umana» di Fassin, Mellino localizza il dispositivo umanitario internamente alle logiche di comando politico neoliberale. Tale tecnologia mira ad estrarre ricchezza dai corpi migranti: si pensi alla crisi dell’estate 2015 e all’apertura, a oltre un milione e mezzo di persone, da parte della Germania di Merkel; alle politiche di Macron o alla missione italiana Mare Nostrum nel 2013. Dinnanzi alla costante razzializzazione della politica e delle questioni sociali, si assiste a un’impasse delle pratiche teoriche e politiche antirazziste. Il limite, secondo Mellino, sta nell’essenza propria dell’antirazzismo europeo che è centrato sulla morale e non sulla politica. Solamente recuperando gli insegnamenti di Stuart Hall è possibile pensare la razza come un «significante fluttuante». È in questo senso che il razzismo diventa una condizione strutturante della condizione materiale, come un «fatto sociale totale», per citare Sayad, che coinvolge molteplici livelli e non riguarda solamente i «migranti». E in base a questa elaborazione è possibile teorizzare un «antirazzismo di rottura» che legga in profondità, e diremmo intersezionalmente, il funzionamento della razza.

LA SECONDA PARTE del volume è centrata sull’analisi dell’opera di Agamben. La disamina prende in considerazione le critiche del marxismo classico e le analisi postcoloniali e decoloniali. Il razzismo, per Agamben, è considerato come uno «strumento di gestione sanitaria del corpo della nazione», con scopi di tipo «medico-politici» e soprattutto «tanatopolitici». I concetti di sovranità, nuda vita e campo appaiono, cioè, come fenomeni sociopolitici «senza contenuto». Per contro, la rilettura della necropolitica di Mbembe mostra il funzionamento del dispositivo di produzione biopolitica tra messa a valore dei corpi ed enunciazione del discorso umanitario. Un libro importante, da leggere e rileggere.

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