Di nuovo: naufragi di migranti, a Cutro e altrove. Pandemia, guerra, stillicidio di morte per creature a cui non è concesso sopravvivere. Stasera al cohousing ci si incontra, come a una preghiera.

Per Olga la preghiera è una delle forme più corali di condivisione del dolore. Ernesto è furioso per come i governi gestiscono la questione «migranti». Il Pier è molto attivo sui social. Anna interviene: – Questo dolore è un fardello pesante per gli adulti, figuriamoci per gli adolescenti. Come possiamo allora sperare? Lola spera in un impegno collettivo rispetto alla fragilità umana, che è la grande lezione di questi tempi. Spera nel «prendersi cura», come postura della relazione tra gli umani, a protezione e rispetto per la loro vulnerabilità.

Per Smirna non basta: bisogna lavorare per la gioia. E parla di un libro di Isabella Guanzini, filosofa e teologa. «Filosofia della gioia – una cura per le malinconie del presente» MI 2021. L’autrice sfida lo sguardo della «Medusa che pietrifica tutto», metafora presa dalle «Lezioni americane» di Calvino, che rimanda alla durezza del farsi pietra in molte situazioni odierne. Urge tagliare la testa alla Medusa prima che tutto si pietrifichi.

La sfida si vince con la leggerezza, quella dell’eroe Perseo che coi sandali alati vola sui venti, si solleva dalla pesantezza del mondo, senza rimuoverla, ma assumendola come fardello. La sfida si vince con la Gioia, come apertura alla vita. Gioia contro impulsi depressivi e distruttivi, per aprirsi a legami che mobilitino socialità solidale e desiderio. Gioia come parola, immagine, pensiero, alternativi alle opacità del mondo. Come il gioco dei bambini, in cui la realtà è un grande spazio di possibilità. Come «l’élan vital» del filosofo Bergson: movimento presente in ogni vita che si inscrive nella natura, sensibilità nemica ad ogni pensiero del chiuso, meraviglia e danza per l’immaginazione e la creazione. Gioia come luogo simile a quello del «Regno dei cieli » promesso da Dio.

Nel libro vi sono riferimenti biblici, ma anche ad autori atei come Nietzsche. È un libro che apre alla pienezza degli affetti la vita soggettiva, ma anche quella collettiva, e dunque è un libro politico. Riferendosi, poi, a Spinoza e a Deleuze, Guanzini ricorda che la Gioia è rivoluzione contro le Società chiuse, regimi che vogliono gli uomini tristi, perché la tristezza obnubila l’intelligenza rendendoli malleabili. Gioia in favore di società che aprono alla democrazia, all’incontro che genera bene comune. Ripresa di senso della vita comunitaria oltre il sospetto, il rancore, la paura.
Ora c’è ascolto gioioso, incoraggiamento a lottare insieme per una vita buona. Risuona la frase di Gilles Deleuze: «Un po’ di possibile, altrimenti soffoco».