Europa

Una crisi da capire. Per resistere

«La sinistra italiana ha tardato molto a riconoscere la natura della crisi: in particolare il suo carattere strutturale e la sua dimensione mondiale. Un ritardo che le ha impedito di […]

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 5 dicembre 2014

«La sinistra italiana ha tardato molto a riconoscere la natura della crisi: in particolare il suo carattere strutturale e la sua dimensione mondiale. Un ritardo che le ha impedito di predisporre gli strumenti necessari per affrontarla in modo adeguato; e che spiega le difficoltà e lo smarrimento in cui essa è venuta trovandosi, malgrado i suoi persistenti successi, rispetto ai problemi reali del paese e del mondo». A leggere sembra un intervento di questi giorni. Si tratta invece dell’inizio della relazione di Lucio Magri (il secondo relatore era Vittorio Foa) al seminario “Uscire dalla crisi o dal capitalismo in crisi” tenuto ad Ariccia l’8 e il 9 febbraio 1975: quasi quarant’anni fa. Lucio Magri non era un profeta, ma analizzava e giudicava lo stato presente della crisi, nel 1975. L’attuale crisi storica si era aperta già allora, ma fu assunta come una congiuntura, anche se seria, ma mai seriamente analizzata e tantomeno affrontata. Manca soprattutto l’analisi: anche oggi si tentano cure, ma senza un’accurata diagnosi del male. Un tentativo è nel volumetto “Una crisi mai vista”, pubblicato a fine novembre dalla Manifestolibri (si trova in edicola e in libreria) con contributi di Alberto Burgio, Pierluigi Ciocca, Luigi Ferrajoli, Francesco Indovina, Giorgios Katrougalos, Giorgio Lunghini, Giovanni Mazzetti, Enrico Pugliese, Guglielmo Ragozzino, José Maria Ridao. Dal quel 1975 si sono succeduti più di una decina di governi (faccio un po’ di nomi: Moro, Andreotti, Cossiga, Spadolini, Fanfani, Craxi, De Mita, Amato, Ciampi, Prodi, Berlusconi e anche Monti).

Non tutti questi governi si sono comportati allo stesso modo, ma nessuno ha messo la crisi al primo posto della sua agenda e sta di fatto che stiamo affogando nel capitalismo in crisi. La sinistra è ridotta ai minimi termini, partiti dissolti, sindacati in crisi per la crescita della disoccupazione, le innovazioni tecnologiche, le politiche dei vari governi, fondamentalmente antioperaie. L’attuale governo di Matteo Renzi procede con misure reazionarie, oltre che provinciali. Anche la mondializzazione viene affrontata senza minimamente avere coscienza di come progresso produttivo e tecnologie della comunicazione ci mettono di fronte a una situazione del tutto nuova.

Crisi economica, crisi finanziaria, mancanza di una vera unità europea – la Germania va per i fatti suoi – indebolimento delle banche centrali, compresa la Banca d’Italia, disattrezzate e impotenti di fronte alle novità della crisi. Su questo vorrei citare il prezioso volumetto di Pierluigi Ciocca con un titolo di massima elequenza: “La Banca che ci manca. Le banche centrali, l’euro, l’instabilità del capitalismo”, pubblicato da Donzelli.

In questo quadro difficile, e anche pericoloso, non sono affatto da sottovalutare le tensioni internazionali (Ucraina) e il crescere dei flussi migratori verso paesi che non sono più in grado – come nel passato – di utilizzare questi aumenti di popolazione, con la minaccia di conflitti pericolosi.

E la nostra Italia di oggi? Che sta affondando nelle paludi acide di questa lunga e profonda crisi? Matteo Renzi non durerà a lungo, ma a cosa aprirà le porte? Tempi pericolosi ci aspettano. Bisogna resistere, e per resistere lavorare anche in piccoli gruppi per un’analisi seria della crisi attuale, e su questo impegno formare minoranze attive che portino a iniziative politiche e culturali, soprattutto per tentare di riprendere il cammino verso una società libera dalle catene di un capitalismo in massima crisi. Speriamo.

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