Una coalizione sociale a partire dal mutualismo
A sinistra Non si parla di un semplice coordinamento associativo, o di sommare rappresentanti e portavoce, ma di esperienze reali di mutualismo e cooperazione, casse di resistenza operaie e spazi sociali, coworking e gruppi di acquisto, dai servizi autogestiti degli studenti alle esperienze di welfare dal basso
A sinistra Non si parla di un semplice coordinamento associativo, o di sommare rappresentanti e portavoce, ma di esperienze reali di mutualismo e cooperazione, casse di resistenza operaie e spazi sociali, coworking e gruppi di acquisto, dai servizi autogestiti degli studenti alle esperienze di welfare dal basso
Il dibattito di queste settimane sulla proposta della FIOM di una coalizione sociale che si ponga l’obiettivo di opporsi alle politiche di austerity imposte a livello europeo e realizzate in Italia dal governo Renzi e di proporre un’alternativa basata sulla cittadinanza, il lavoro, il welfare e i beni comuni può essere utile, se resistiamo alla tentazione di ricadere nel teatrino dei posizionamenti e delle rendite, e sfruttiamo l’occasione, invece, per ricostruire su basi nuove la ragione sociale dei soggetti collettivi.
Il tema della coalizione sociale, infatti, è centrale, e non da oggi, per qualsiasi progetto di cambiamento della società in senso egualitario. La società dell’austerità e del neoliberismo è una società disgregata. La crisi e la sua gestione fungono da acceleratore per arrivare prima possibile al mondo ideale di Margaret Thatcher, quello in cui “la società non esiste” e ogni individuo è in costante competizione con l’altro, ed è perciò disposto a qualsiasi genere di sfruttamento per vincere l’infinita gara al ribasso.
Mettere in contrapposizione il tema della coalizione sociale con quello dell’unità politica è un nonsense: senza la prima, semplicemente, la seconda non si può dare, se non sotto forma di unità di ceti politici priva di qualsiasi relazione con la realtà. La costruzione dell’unità popolare è il tema cardine di qualsiasi progetto politico a sinistra, dalla Rivoluzione Francese all’esperienza di Podemos in Spagna, passando per Gramsci e Salvador Allende. Se non si trovano gli elementi programmatici, materiali, simbolici e organizzativi che costruiscano un’unità, per quanto plurale e articolata, tra i soggetti sociali portatori di interessi progressivi, non c’è sinistra che possa esistere.
È per questo che costruire la coalizione sociale è un progetto assolutamente politico. Perché non si tratta, se di coalizione sociale si sta parlando e non di un semplice coordinamento associativo, di sommare rappresentanti e portavoce, ma di individuare nella società i nodi intorno ai quali si può sconfiggere la logica della competizione e sostituirla con quella della cooperazione. Si tratta di individuare, come i compagni spagnoli ripetono spesso, maggioranze sociali e di costruire una proposta politica alla loro altezza.
Dal tema della lavoro a quello della casa, dal reddito alla previdenza, dall’accesso alla salute a quello all’istruzione, l’Italia di oggi è piena di possibili maggioranze sociali, da individuare attraverso un attento lavoro analitico e da costruire attraverso un lavoro di organizzazione e soggettivazione che è sociale e, perciò, politico. Un percorso che si concretizzi in esperienze reali di mutualismo e cooperazione, a partire dalle tante che già sono in campo, dalla casse di resistenza operaie agli spazi sociali, dal coworking ai gruppi di acquisto, dai servizi autogestiti degli studenti alle esperienze più avanzate di welfare dal basso.
Costruiamo davvero una coalizione sociale. Una coalizione di maggioranze sociali che si faccia unità popolare per il cambiamento, per riconquistare il potere politico e restituirlo ai cittadini. Facciamolo a partire da chi è già organizzato ma anche e soprattutto mettendo a disposizione strumenti di organizzazione e soggettivazione a chi non lo è, andando a costruire esperienze di aggregazione, cooperazione e mutualismo in ogni ambito della nostra società. Se il nostro obiettivo è unire la società, e non le associazioni, allora dobbiamo avere il coraggio di lanciarci in un processo di innovazione vero e profondo, di investire risorse ed energie nella sperimentazione di spazi ed esperienze comuni e condivise, che vadano a svegliare la società italiana e a farne il protagonista di una grande stagione di cambiamento.
Act – Agire, Costruire, Trasformare
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