Visioni

Una casa per tutti, il desiderio in scena ai Bipiani di Ponticelli

Una casa per tutti, il desiderio in scena ai Bipiani di Ponticelli«Exaudi» ai Bipiani di Ponticelli – foto di Pietro Di Francesco

Territori Il progetto «Exaudi» realizzato con gli abitanti dei prefabbricati costruiti dopo il terremoto dell’80. Una comunità multietnica tra sfratti e precarietà, un testo condiviso

Pubblicato 11 minuti faEdizione del 29 settembre 2024

Bipiani, Ponticelli, periferia est di Napoli. «Le case, temporanee come noi che le abitiamo, ci hanno assorbiti. Ora ne siamo parte. Non riconosciamo più la nostra faccia dalle pareti: le rughe sono come carta da parati, segni di casa appiccicati addosso… Ma cinque pareti su sei sono di eternit. Una sola è salva… Questo imponente mausoleo per i morti, dedicato ai vivi, è il nostro teatro». Inizia così lo spettacolo Exaudi. Antenati/Diaspora/Esodo, per la settima edizione di foodistribution, progetto dell’associazione di promozione sociale Manovalanza, a cura di Davide Scognamiglio, autore del disegno luci insieme a Daniele Ciprì, regia di Adriana Follieri con la consulenza scientifica di Rosario Sommella, in scena nelle scorse settimane.

UN LAVORO prezioso costruito con chi vive nelle case prefabbricate color carta da zucchero, provvisorie da quarantaquattro anni, dopo il terremoto dell’’80 in Campania. Negli spazi comuni gli orti, l’altarino illuminato e fili della luce attorcigliati e rampicanti come l’edera. Una realtà al margine e difficile, ma luminosa, che ha fatto germogliare fiori nelle crepe del cemento e poesia sotto l’amianto. Un luogo di una bellezza struggente che sorge in una zona ricca di storia. Ponticelli, di estrazione operaia e roccaforte del Pci, nel settembre ’43 è stato il primo quartiere in Europa a liberarsi dai tedeschi, distinguendosi nella Resistenza contro i nazifascisti e dando inizio alle Quattro Giornate di Napoli.

I Bipiani sono una scenografia urbana che non lascia indifferenti, moduli abitativi provvisori, cadenti e fatiscenti, ma pieni di vita e dignità. Una soluzione di emergenza post sisma dove quei residenti non vivono più, e gli attuali che ci abitano da oltre trent’anni, quasi tutti assegnatari, hanno avuto una sorta di sanatoria per restarci legalmente per poi ricevere lettere di sfratto per la non abitabilità. La precedente amministrazione aveva smesso di occuparsene, per la legge non esistevano. La posta appoggiata sul muretto sembra confermare che i Bipiani sono un luogo reale e fantasma allo stesso tempo. Negli spazi comuni la carbonella fumante, finestre illuminate, le stesse dalle quali ci si allaccia per la luce, e il via vai di abitanti-attori in costumi di scena. Il contesto è problematico, fra disoccupazione, indigenza, analfabetismo, e abitazioni pericolanti in cui si tenta una convivenza fra persone di culture diverse: napoletani, albanesi e senegalesi. Equilibri precari come i prefabbricati, dove accade qualcosa di potente, frutto di un intervento profondo sul territorio basato su conoscenza e fiducia reciproca, e intorno alle quali si è formata una comunità.

Il lavoro è stato riconosciuto dal Ministero, ma se la signora del primo piano non allaccia la corrente, lo spettacolo non si faDavide Scognamiglio
«Fra gli assistenti alla regia e alla drammaturgia ci sono gli abitanti, anche autori e attori, per un lavoro a più mani» spiegano Scognamiglio e Follieri. Foodistribution, nato nel 2018, sostenuto dal Campania Teatro Festival, nel 2023 ha ottenuto il riconoscimento del MiC come progetto speciale. Exaudi, in co-produzione con la Fondazione Pietà dei Turchini e la consulenza musicale di Guido Barbieri, è stato ideato «per avvicinarsi idealmente e simbolicamente alla tensione emotiva che prepara all’esaudirsi dell’agognato desiderio abitativo, programmato dal Comune di Napoli con i fondi del Pnrr», aggiungono. L’Ecoquartiere di Ponticelli è il primo progetto Pnrr a vedere la luce in città. Finanziato per 24 milioni di euro, avviato nel giugno 2024, in parte dovrebbe concludersi nel dicembre 2025. Sono previsti centootto alloggi destinati agli ottantatré nuclei familiari.

PER IL TESTO, dice Adriana Follieri, «elaboro una struttura di base, aperta, in cui chiunque può partecipare. Alcuni, pur non avendo strumenti e tecniche, fanno il lavoro del drammaturgo. È un materiale grezzo che si lima insieme. Ci sono anche persone analfabete che reggono una presenza scenica di qualità. Esaudire il desiderio è la traccia intorno a cui abbiamo lavorato, la drammaturgia sonora sostituisce in parte quella testuale, le parole sono scarne e necessarie. È molto politico, sociale e poetico – prosegue Follieri – una compagnia provvisoria di artisti che dà vita a forme altrettanto potenti quanto quelle dei professionisti, le nostre forze attivano reazioni artistiche anche in luoghi dove la dignità è profondamente lesa, ma altrettanto viva». Exaudi è una preghiera mentre davanti ai propri occhi si costruisce qualcosa, il desiderio è per le nuove case, e che siano per tutti quelli che le vedono dalla finestra.

«QUI PROVIAMO a entrare nella dimensione quotidiana e intima delle persone, a creare prossimità. Il progetto è stato riconosciuto dal Ministero, ma se la signora del primo piano non allaccia la corrente, lo spettacolo non si fa. Questo rapporto passa attraverso la conquista reciproca, un innamoramento», commenta Scognamiglio. Il villaggio in costruzione avrà al centro un teatro dopo che il comune di Napoli ha riconosciuto quella creatasi intorno a Exaudi una comunità artistica. Nei mesi scorsi l’amministrazione ha censito tutti i residenti per avere un quadro preciso degli aventi diritto ai nuovi alloggi. «Attraverso l’arte proviamo ad aiutare la politica nella lettura complessa di una società – sottolinea Scognamiglio, – è una situazione spigolosa, il Comune ha fatto un grande lavoro, ben oltre la semplice pratica burocratica di assegnazione delle case, piuttosto di dignità umana». Il progetto ha avuto un forte impatto sui partecipanti come Xhesika Kolici, ventisette anni, laureata in neuroscienze alla Federico II di Napoli, vincitrice di due concorsi di dottorato, che vive lì, con la famiglia di origini albanesi, da quando aveva un anno. «Grazie a Exaudi – afferma, – ho avuto la visione di quello che può nascere qui. Il luogo si trasforma, diventa spazio scenico, è come se si allargasse. È un progetto che lascia un’impronta».

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