Una «buona giornata» augurata con affetto dal docente online
Scuola «Didattica a distanza. Come è, come potrebbe essere» di Barbara Bruschi e Alessandro Perissinotto, pubblicato da Laterza
Scuola «Didattica a distanza. Come è, come potrebbe essere» di Barbara Bruschi e Alessandro Perissinotto, pubblicato da Laterza
Sulle pagine di quotidiani, siti web e ampia ripercussione nei social si è riprodotta l’immagine di studentesse bendate. La scena, che richiama ed evoca condizioni di tortura o punitive, sembra rappresentare il prodomo di uno sterminio, oppure di una rappresaglia. Eppure – secondo il dirigente scolastico del liceo Caccioppoli di Scafati – si è trattato di un esempio per far capire alle studentesse che «non bisogna sbirciare gli appunti».
TALE PREVARICAZIONE cela in realtà debolezza e incapacità relazionale da parte di un insegnante che non ripone fiducia nei suoi studenti, limita l’azione didattica alla verifica poliziesca e ignora la condizione di pressione psicologica a cui sono relegati i nostri ragazzi in tempi di pandemia (e non solo). Un esempio eclatante, certamente il più radicale, di come non deve essere realizzata la didattica a distanza (Dad).
Didattica a distanza. Come è, come potrebbe essere di Barbara Bruschi e Alessandro Perissinotto (Laterza, pp. 167, euro 14) rappresenta, invece, un luogo di riflessione sulle possibilità, aperture e contraddizioni della pratica di insegnamento e apprendimento, mediate dalla tecnologia. Perché la questione più pertinente non è tanto orientarsi attorno a categorie – per altro dicotomiche – di distanza e vicinanza, assenza e presenza, ma al modo in cui si utilizzano le tecnologie, le potenzialità e i rischi dal punto di vista relazionale, e quindi, educativo. Del resto, l’espressione mass-media – ha proprio la sua ragione semantica nell’essere mezzi, strumenti a nostra disposizione per la comunicazione. Il criterio sembra piuttosto ruotare attorno ai modi e possibilità di applicazione di strumenti tecnici: come possono supportarci?
Chiaramente dipende dai soggetti in questione – in particolare dagli insegnanti – e non dalla tecnologia in sé, se nella Dad si riproducono forme spesso obsolete, ripetitive – a volte perfino violente – di fare scuola fino ad arrivare a pratiche di repressione e mortificazione, come quella di far bendare gli studenti.
L’ETICA È ALLA BASE della didattica a distanza così come dovrebbe esserlo per quella in presenza. Il fondamento e il vertice della pratica di insegnamento – sia essa in aula o da remoto – è la capacità di riflessione, di ragionamento sul comportamento morale per cui si rende necessaria una formazione basata sulle conoscenze applicate, gli strumenti interpretativi, le analisi critiche: questo libro – affrontando la questione della Dad oltre ogni semplificazione e dicotomia, al di là di ogni sentenza di condanna o assoluzione – senza dubbio offre elementi concreti al riguardo.
Non è detto che la Dad debba essere trasmissiva, anzi può esprimere profonde possibilità di partecipazione e laboratoriali. Esistono, però, dei limiti e delle regole di buon senso. Non è scontato ricordare l’importanza del sostegno affettivo e psicologico per bambini/e, ragazze/i che soffrono una condizione di chiusura forzata nelle loro case e sono privati della socializzazione. Non tutti hanno presente che augurare una «buona giornata», chiedere «come state» sono piccoli gesti di attenzione.
La musica postata dal docente o dagli studenti può aiutare a entrare in una situazione empatica, di condivisione delle emozioni. La lezione espositiva non dovrebbe durare più di venti minuti, a essa dovrebbero seguire dibattiti, esercizi, laboratori, forum predisposti per l’interazione. Si possono utilizzare podcast, programmi radio, brevi documentari, webtv. Molto importante è intervallare le lezioni condividendo slides o schede illustrative anche per tenere alta l’attenzione.
ANCHE SE NON MANCANO riferimenti storici di straordinaria intelligenza e genialità – primo fra tutti quello del maestro Manzi – va detto che pratiche virtuose stentano a vedersi. Partiamo da un dato di fatto: in molte classi, cellulari, smartphone, tablet sono vietati, per poi diventare indispensabili in fase di lockdown. Insegnanti e alunni, in questo modo, si trovano impreparati. L’incoerenza regna sovrana. Si continua a considerare la tecnologia sostitutiva, o addirittura antitetica alla didattica tradizionale.
La soluzione potrebbe essere fare della Dad un esercizio di continuità con percorsi di formazione in piccoli gruppi, sia in classe che all’aperto. Si andrebbe incontro all’esigenze sanitarie di distanziamento fisico, ma anche alla gestione delle relazioni sociali, consentirebbe di limitare il tempo davanti a uno schermo (certamente non più di 3 ore al giorno) e a offrirebbe possibilità di dialogare sui temi di studio, avendo a disposizione spazi, tempi e libertà di espressione, comunicazione, in un’interazione permanente – e non solo emergenziale – tra ambienti diversi di apprendimento.
LA LETTURA del libro di Perissinotto e Bruschi può fornire orientamenti per la formazione dei docenti su una visione integrata, articolata, inclusiva della Dad basata sulla consapevolezza che la tecnologia non è strumento per sciorinare contenuti, provocando avvilimento, demotivazione e disagio, a volte con rischi di apatia o depressione, ma un mezzo per generare opportunità di autonomia, liberazione delle creatività, dialogo, espressione mentale, emotiva e corporea: da studenti bendati a studenti che ammirano il mondo della conoscenza.
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