Un welfare europeo
Il rafforzamento della dimensione sociale degli Stati membri – per garantire la coesione sociale e contenere le disuguaglianze e la povertà – è un obiettivo che, specie negli ultimi tempi, […]
Il rafforzamento della dimensione sociale degli Stati membri – per garantire la coesione sociale e contenere le disuguaglianze e la povertà – è un obiettivo che, specie negli ultimi tempi, […]
Il rafforzamento della dimensione sociale degli Stati membri – per garantire la coesione sociale e contenere le disuguaglianze e la povertà – è un obiettivo che, specie negli ultimi tempi, ha fatto breccia nelle dichiarazioni della Commissione Europea. Una tale aspirazione deve tuttavia fare i conti con i condizionamenti di medio periodo dovuti alle trasformazioni e alle delocalizzazioni produttive e con quelli di più breve periodo derivanti dalle politiche di austerità imposte dalla stessa Commissione. Se i primi sono alla base del deterioramento delle condizioni del lavoro (crescita della precarietà e moderazione salariale), i secondi impongono, attraverso il contenimento del bilancio pubblico, un limite agli interventi necessari ad aggredire le crescenti sperequazioni sociali dovute al prolungarsi della crisi.
Il sistema di welfare italiano, già insufficiente rispetto agli standard europei più avanzati, è soggetto a un drastica pressione al ridimensionamento in seguito ai ripetuti interventi “riformatori”, i cui risultati sono evidenti nella ristrutturazione del sistema pensionistico, nel contenimento della spesa sanitaria, nei tagli indiscriminati alla scuola, nonostante che si attribuisca all’istruzione superiore e alla ricerca una rilevanza decisiva nel sostenere i necessari processi innovativi del sistema produttivo. Ma anche su due altri versanti – la politica della casa e il sostegno del reddito – il nostro welfare non solo è inadeguato, ma totalmente carente.
Per quanto riguarda il sostegno del reddito, giacciono presso il Parlamento tre proposte di legge sul reddito minimo garantito che si propongono di introdurre finalmente non solo più civili forme di contrasto dei crescenti livelli di povertà assoluta e relativa, ma di prefigurare più estese garanzie di un reddito minimo a individui e famiglie in condizioni precarie di lavoro e di vita. Se la crisi occupazionale e la sua risposta in termini di precarizzazione del rapporto di lavoro rendono urgente il rafforzamento e l’estensione di un nuovo modello di ammortizzatori sociali e l’introduzione di un salario minimo, la difesa delle condizioni di lavoro in una situazione di deterioramento dell’occupazione che si prolungherà nel futuro richiede di affrontare il tema urgente della riduzione degli orari contrattuali di lavoro, utilizzando a tale fine le opportune misure integrative del reddito.
Se l’Europa non vuole disperdere la coesione sociale e la solidarietà politica che è stata una giustificazione importante del suo progetto costitutivo, è essenziale che essa si dimostri capace di costruire una politica del welfare a livello dell’intera Unione che contrasti in primo luogo l’attuale concorrenza al ribasso (fiscale, salariale, normativa, e di welfare) tra i diversi paesi-membri per impegnarli invece, attraverso un “social compact”, nella costruzione di una prospettiva comune di welfare che confermi quell’aspirazione di civiltà che il “modello sociale europeo” voleva incarnare.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento