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Un viaggio nella storia

Un viaggio nella storiaPonte Principe sulla linea Rocchetta-Avellino

Ferrovia La linea Rocchetta Sant'Antonio (Foggia) - Avellino 119 chilometri di sorprese: ma funziona solo in parte e solo nei giorni dello Sponz Fest

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 19 agosto 2017

L’anniversario della rivoluzione sovietica del 1917 cade quest’anno e Vinicio Capossela ha deciso di festeggiarlo a suo modo “All’incontré” (“A rovescio”). Dice a proposito il cantautore: “Dobbiamo porci dalla parte ‘altra’ dell’abitudine, ribaltare i punti di vista e osservare le cose al contrario, scardinare l’ordine cui siamo assuefatti per creare un momento di resistenza a un mondo che va sempre più irrigidendosi nelle visioni”. Benissimo. “Al contrario” è davvero un bel modo di affrontare la realtà se davvero il suo Sponz Fest (alla quinta edizione, dal 21 al 27 agosto nei paesi dell’Alta Irpinia) sarà capace di arricchirsi di progettualità forte in grado di aggredirla e gestirla la realtà. Intanto un progetto c’è, in questi paesi dell’Appennino meridionale che fanno da cerniera tra l’interno della Campania e la Basilicata e la Puglia. Una vera e propria “spina dorsale” che attraversa il territorio e ne marchia storia e radici, memoria e nostalgia ma soprattutto possibilità di un futuro diverso e al passo con le esigenze di un ambientalismo ricco di contenuti. Parliamo della ferrovia Rocchetta Sant’Antonio (Foggia) – Avellino, 119 chilometri di viaggio nella storia e nella bellezza, cavallo di battaglia di tante persone che hanno lottato dapprima per non farla chiudere e poi per farla riaprire: dall’associazione “In loco Motivi” a qualche politico del luogo, dai vertici attuali della Regione Campania a persone impegnate a vario titolo nella difesa dell’ambiente. Poi c’è Vinicio Capossela che con mossa intelligente e decisiva, ne ha fatto il cavallo di battaglia di questo festival: memorabili alcuni concerti e incontri lungo la tratta in questi ultimi anni, che convinsero i vertici della Regione Campania a imboccare la strada della riapertura dopo la sciagurata decisione del centro destra della precedente amministrazione che l’aveva unilateralmente e stupidamente chiusa abbandonandola al degrado e al saccheggio. Dulcis in fundo è venuta la legge approvata in Parlamento che finanzia la riapertura in chiave turistica di alcune tratte tra cui quella di cui ci occupiamo.

Ma cos’è una ferrovia turistica? Come si mette in moto? E come si gestisce?

La rinascita di una strada ferrata, tanto più in chiave turistica, è cosa che richiede personale e cura continuativa di ogni cosa: dalle stazioni ai binari, dagli interventi artistici alla vera e propria “direzione” delle attività. Quindi hanno ragione alcune personalità e associazioni che si battono per un uso complessivo della mobilità e non solo turistico, visto l’impegno che comunque ci dovrà essere per la sua cura e il suo funzionamento.

Oggi questa tratta che si sta riaprendo a fatica (per ora è agibile metà del percorso e solo per pochi giorni l’anno in concomitanza con lo Sponz Fest) passa per stazioni in gran parte distrutte dopo il terremoto del 1980, sostituite da prefabbricati anonimi spesso ricettacolo di degrado. Rifare quindi alcune stazioni (diciamo almeno cinque o sei delle 33 tra stazioni e “caselli” originari di cui è composta la ferrovia), nello stesso modello dei veri e propri monumenti abbattuti dopo il sisma, è imperativo categorico da cui non si può prescindere. Mettere a posto, ancora, i prefabbricati-stazioni esistenti curandoli in tutti i sensi (qualcosa si è cominciato a fare), anche come memoria della ferrovia post-terremoto, è un altro imperativo da cui non si può prescindere. Rendere poi tutte le stazioni attrattive anche come vetrina dei paesi di montagna e di collina che attraversano (sono soltanto due i Comuni con la stazione in centro, tutte le altre sono a valle): quindi prodotti tipici di qualità in mostra, manufatti, informazioni, e quant’altro. Collegare le stazioni ai paesi con inter modalità dei bus dei servizi pubblici. E poi le proposte culturali più appetibili da inserire nelle stazioni e che richiamano anche le vocazioni dei paesi attraversati.

Il viaggio in treno insieme alla Cineteca di Bologna che accompagnerà nel tragitto di quest’anno (nei giorni 25, 26 e 27 agosto) i viaggiatori alla scoperta del rapporto rivoluzionario tra immaginario cinematografico e arte del Novecento sarà un utile momento per pensare all’arricchimento che la documentazione video e filmica potrà aggiungere alla ricchezza dell’offerta delle stazioni.

E continuare con una cosa imprescindibile nelle stazioni: un museo itinerante dedicato alla storia del padre della letteratura italiana Francesco De Sanctis, originario di questi luoghi (Morra, dov’è la sua casa museo) e politico tra i più impegnati per la costruzione, nella seconda metà dell’Ottocento, di questa strada ferrata.

Ma non è finita perché le attrattive naturali della linea (paesaggi, fiumi, monti) e quelle costruite dall’uomo (ponti in ferro e in pietra davvero affascinanti e di interesse storico) hanno bisogno di essere accompagnate da interventi artistici che ne arricchiscano la visione non solo in termini di memoria ma anche di apertura verso il futuro (la storia parte dal passato ma non si ferma lì). Quindi una strategia fotografica in grande stile lungo la tratta: immagini giganti di grande valore di documentazione e di invenzione non facilmente distruttibili, cioè incastonate nella pietra. Accompagnate da installazioni di artisti validi che vogliano lasciare il loro contributo lungo il tragitto. A memoria di tutta una storia di sofferenze e di fatica di lavoratori, donne, studenti, contadini, emigranti, che hanno attraversato questi binari per più di 100 anni.

Una “spina dorsale” quindi di assoluto stimolo per altri interventi, che ricorda il passato per correggere le aporie del presente e andare nel futuro, che può capovolgere davvero i destini di un territorio da cui tantissimi giovani sono andati via.

E adesso proviamoci a immaginare il viaggio su questa ferrovia turistica così, magari con il Pasolini del ricordo del treno di Casarsa: “Non so veramente spiegare il mio amore per il treno, che è uno di quegli amori che fanno da connettivo all’oggetto della recherche…”.

 

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