Un viaggio in forma d’opera teatrale
Mostre Il nuovo allestimento dell’Appartamento reale del Museo di Capodimonte per la rassegna «Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica», a cura di Sylvain Bellenger
Mostre Il nuovo allestimento dell’Appartamento reale del Museo di Capodimonte per la rassegna «Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica», a cura di Sylvain Bellenger
Maria Carolina d’Asburgo Lorena, in una versione simile alla Regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie, svetta da una gigantesca tazza di porcellana, lo scettro è sormontato dalla testa del reale consorte, Ferdinando IV di Borbone re di Napoli e di Sicilia. Così Hubert le Gall fa cominciare il nuovo allestimento dell’Appartamento reale del Museo di Capodimonte per la mostra Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica, a cura di Sylvain Bellenger (fino al prossimo 21 giugno). Si tratta di un viaggio in forma d’opera teatrale attraverso la storia del regno a cavallo tra Settecento e Ottocento, tra fermenti illuministi, rivoluzioni e restaurazioni. Nel mezzo la scoperta dell’Egitto attraverso i templi che venivano alla luce nell’area vesuviana, e poi della Cina, la musica sacra che lasciava il passo ai libretti profani, i rapporti con le corti europee attraverso la grande tradizione musicale napoletana.
IL VIAGGIO procede per quadri a tema utilizzando le preziose porcellane custodite a Capodimonte, gli strumenti del conservatorio di San Pietro a Majella (inclusa un’arpa, l’unica esistente, di Stradivari), i costumi del Teatro San Carlo (con le creazioni storiche da Ungaro a Odette Nicoletti fino alle invenzioni di Giusi Giustino per la mostra), i reperti dei musei Mineralogico e Zoologico di Napoli. Il visitatore indossa cuffie dinamiche e inizia il percorso. Prima tappa la musica sacra: si ascolta lo Stabat Mater di Pergolesi commissionato nel 1736, due anni prima Carlo di Borbone aveva conquistato il trono di Napoli. Intorno i manufatti provenienti dalle chiese barocche cittadine, come il ciborio seicentesco della chiesa di Santa Patrizia o il comunichino attraverso il quale le suore di clausura della Trinità delle Monache ricevevano l’ostia.
Nella sala del potere i preziosi vasi sono riposti in casse da trasporto: Ferdinando è dovuto fuggire da Napoli per la Rivoluzione del 1799, ripara in Sicilia per poi tornare con la restaurazione. Dalle cuffie l’inno borbonico composto dal barone Pietro Pisani. Il salone successivo è dedicato al Grand Tour: manichini in forma di artisti ed eruditi indossano abiti di scena. Gli scavi di Ercolano e Pompei, avviati nel 1738, rappresentano l’attrazione che porta a Napoli i viaggiatori. I reperti custoditi nella Reggia di Portici diventano modelli per biscuit, porcellane e bronzi. Durante il suo viaggio in Italia, il giovane Mozart ascolta al San Carlo il Demofoonte di Jommelli (le cui note di diffondono dalle cuffie), al padre confida: «Quando avrò scritto un’opera per Napoli sarò richiesto ovunque».
TOCCA POI A PULCINELLA, la maschera che ha attraverso i secoli. Innamorato di Teresina, la seduce ma è lui a rimanere «incinto»: il suo ventre tondo rimanda a quello di una puerpera e infatti è lo stesso Pulcinella a partorire un uovo da cui esce l’erede a cui tramandare la maschera.
Le immagini proiettate sono quelle del film Carosello napoletano del 1958, la musica è Gioia de st’arma mia di Paisiello, i costumi dei manichini realizzati per il Pulcinella di Stravinskij, da bozzetti di Picasso. Quindi La caduta dei giganti: il tema è riproposto dal monumentale biscuit che campeggia nella sala successiva, intorno i ritratti della famiglia reale mentre le cuffie diffondono La serpe a Carolina, un’invettiva popolare dei primi dell’800 contro la regina rielaborata da Roberto De Simone (a cui la mostra è dedicata) per la Nuova Compagnia di Canto Popolare. La chiusura è affidata alla sala della culla dove Stefano Gargiulo cura il racconto proiettato sulle pareti: vocalizzi e accordature, va in scena l’opera L’Osteria di Marechiaro finché un rombo interrompe lo spettacolo. Un’esplosione di fuochi d’artificio illumina i quadri mentre al suono di tammorre e litanie la terra comincia a tremare: è il Vesuvio che fa sentire la sua voce. Poi la vita riprende a scorrere tra il bosco di Capodimonte e i vicoli del centro storico.
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