Visioni

Un tuffo nel manga, è il senso della vita

Un tuffo nel manga, è il senso della vitaUna scena da «Children of the Sea» di Daisuke Watanabe

Animazione «Children of the Sea» di Daisuke Watanabe, un film tratto dal manga creato da Daisuke Igarashi. Il regista e il suo gruppo di lavoro creano un nuovo stile dai colori perfetti

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 giugno 2019

Spesso ci si dimentica come il Giappone sia un paese di mare, con l’immagine delle grandi metropoli in qualche modo «futuristiche», Tokyo soprattutto, a farla da padrone e a cannibalizzare l’immaginario. A dire il vero anche molti giapponesi si stanno allontanando da una vita quotidiana a contatto con il mare, con la tendenza, in questi ultimi decenni, di un progressivo spostamento della popolazione verso i grandi agglomerati urbani. L’elemento marino ritorna però prepotentemente nei momenti di rottura e di crisi, lo tsunami del 2011 ha non solo ricordato alla popolazioni colpite la sua veemenza, ma anche che, senza questo rapporto simbiotico con il mare, la vita non potrebbe andare avanti. Proprio il mare è il protagonista di molte animazioni attualmente nelle sale giapponesi, è estate e non potrebbe essere altrimenti, da Ride Your Wave di Masaaki Yuasa (Devilman Crybaby, Mind Game) a Children of the Sea diretto da Daisuke Watanabe, prodotto dallo Studio 4°C con musiche di Joe Hisaishi. Quest’ultimo è tratto dall’omonimo manga creato da Daisuke Igarashi (edito in Italia da Panini Comics) e racconta dell’incontro di Ruka, una ragazza delle scuole medie, con due ragazzi molto speciali, Umi e Sora. Mentre sta giocando una partitella di pallamano in un paesino sulla costa, Ruka ha un diverbio con una delle sue compagne e viene espulsa dalla squadra per tutta l’estate.

GIROVAGANDO ancora in preda all’ira e alla delusione, la ragazza si reca nell’acquario dove lavora suo padre. Qui vede un ragazzo nuotare nella vasca assieme alle altre creature marine. Si tratta di Umi (in giapponese «mare»), ragazzo trovato nell’oceano vicino alle Filippine assieme a «Sora» (in giapponese «cielo»), entrambi incredibilmente cresciuti da un gruppo di dugonghi. Ruka si scopre attratta da questi due ragazzi, soprattutto da Umi, e dal rapporto quasi mistico che hanno con l’oceano e la vita al suo interno.

ALLO STESSO tempo un gruppo di scienziati cerca di analizzare l’unicità di questi due ragazzi e una serie di eventi molto strani che stanno accadendo nell’oceano, dove masse di creature marine si spostano e si ammassano sulla costa. La storia è già di per se molto interessante, si toccano infatti questioni filosofiche e cosmiche con un tocco mai pesante o didascalico, ma il grande merito del film è quello di inventare quasi un nuovo stile d’animazione, che è molto prossimo a quello usato da Igarashi nel manga. Infatti il regista ed il suo gruppo di lavoro, composto da molti professionisti del settore provenienti anche da altre case di produzione, riescono a trasporre in modo quasi perfetto i volumi del manga sul grande schermo. Certo si taglia qua e là per questioni di tempistica narrativa, ma lo stile del disegno rimane quasi inalterato. Fluttuante, ondivago ma con paesaggi marini quasi astratti ed ancestrali, l’animazione regala attimi di pura poesia, che sia un improvviso silenzio, un fiore rosso fuoco sulla spiaggia o un tuffo nell’universo-mare, questi momenti sono blocchi con cui scena dopo scena, con un movimento centripeto come la nascita di una galassia, si compone il film.

COSÌ COME il manga anche questo lungometraggio non cerca tanto di trasmettere un significato ben preciso e netto quindi, temi quali la memoria cosmica, e la vita prima e dopo l’umano vengono sì toccati, ma sono usati in modo tale da provocare un senso di stupore e di partecipazione nello spettatore/lettore, più che una comprensione cerebrale.

L’APPROCCIO usato è quindi artistico, non si danno grandi risposte ma si cerca di aprire nuove strade di senso e gli ultimi trenta minuti sono in tal senso l’apoteosi di questo approccio, un delirio mistico che richiama all’ultima parte di 2001 Odissea nello spazio, ma anche ad altri lavori targati Studio 4°C come Tekkonkinkreet o Mind Game. Un’esperienza visiva profonda come poche altre, soprattutto del campo dell’animazione, forse una delle migliori degli ultimi anni, Children of the Sea ci spinge ad allargare il nostro sguardo, come Ruka che viene allontanata dalla scuola e si sente distaccata dal gruppo di compagne, ma che si allaccia a ritmi e tempi più ampi, cosmici.

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