La storia delle aree naturali protette italiane conta ormai 100 anni durante i quali il nostro Paese è arrivato a proteggere, attraverso parchi e riserve nazionali e regionali, oltre il 12% del suo territorio. Lo storico Luigi Piccioni, da sempre attento ai movimenti ambientalisti e alle aree protette, nel suo recente libro Parchi naturali. Storia delle aree protette in Italia, ripercorre questo secolo tra vittorie e delusioni.

NEL RACCONTARE QUESTA lunga storia, Piccioni prende le mosse da quello che viene considerato il padre di tutti i parchi naturali, lo Yellowstone National Park nato il primo marzo del 1872 quando il Presidente degli Stati Uniti d’America, Ulysses Grant, firmò uno specifico ordine esecutivo per rendere i suoi 900.000 ettari (le dimensioni delle Marche) un luogo «scevro da ogni sfruttamento ai fini commerciali, libero alla fruizione dei visitatori».

Dagli Usa l’dea di proteggere territori più o meno ampi si estese in Australia, Canada e Nuova Zelanda: in questi quattro Paesi dal 1872 al 1908 nacquero ben 18 parchi nazionali e si misero le basi per la politica conservazionistica sviluppatasi poi lungo tutto il XX secolo.

L’EUROPA ARRIVO’ UN PO’ DOPO. La Svezia nel 1909 istituì nove parchi, la Svizzera nel 1914 in Engadina fece nascere il suo primo parco nazionale e la Spagna nel 1918 creò due parchi montani. E poi toccò a nostro Paese dar vita ai due parchi nazionali del Gran Paradiso nel dicembre 1922 e d’Abruzzo nel gennaio 1923. Al termine di un lungo dibattito animato da un movimento ambientalista ante litteram, l’Italia nel giro di poche settimane entrava così a far parte dei Paesi che sottraevano porzioni di territorio al degrado causato dall’uomo.

FU L’INIZIO DI UN PERCORSO lungo appunto un secolo che, secondo l’ultimo Elenco ufficiale del Ministero dell’Ambiente, ci ha portato oggi ad avere 871 aree protette tra cui 24 parchi nazionali e 29 aree marine protette. Un percorso difficile che ha conosciuto il suo momento più alto nell’approvazione della legge quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991, considerata una delle migliori al mondo), ma che prima aveva vissuto anche una fase di grande attività delle Regioni che dagli Anni ’80 avevano contribuito ad aumentare la percentuale di superficie protetta.

IN UN PAESE FORTEMENTE antropizzato come il nostro, il modello italiano fu necessariamente qualcosa di nuovo rispetto a tante altre esperienze estere. Nella sua ricostruzione, Piccioni evidenzia come all’originaria esigenza di conservazione di ambienti naturali in pericolo, se ne sono aggiunte altre come la promozione della ricerca scientifica, il sostegno ad una fruizione turistica rispettosa, l’educazione ambientale, fino allo sviluppo sostenibile delle comunità locali.

ED E’ QUI CHE L’ANALISI SI FA più puntuale per comprendere se l’arricchimento della «missione» delle aree protette non abbia finito per travolgere l’obiettivo primario della protezione di specie e habitat. Complici alcune modifiche della legge del 1991 (altre fortunatamente sono state sventate), nel corso degli anni si è assistito all’eccessiva localizzazione e politicizzazione della governance dei parchi che, in alcuni casi, hanno finito per perdere di vista la vera ragione per cui sono stati istituiti.

LA RICOSTRUZIONE DI PICCIONI dimostra come la spinta che portò alla nascita di tanti parchi si sia un po’ affievolita, come dimostra il fatto che dal 2000 ad oggi sono nati solo tre nuovi parchi nazionali e che tanti altri sono solo sulla carta.

EPPURE OGGI SIAMO DI FRONTE ad una nuova sfida che richiederà un impegno pari a quello che negli Anni ’80 e ’90 portò alla nascita di centinaia di aree protette: la Strategia Europea sulla biodiversità impegna l’Italia, come tutti gli altri Paesi dell’Unione, a raggiungere entro il 2030 il 30% di territorio protetto a terra e a mare.

UN OBIETTIVO AMBIZIOSO, considerato che, pur contando oltre a parchi e riserve anche le aree della Rete Natura 2000, la superficie italiana a vario titolo protetta si aggira intorno al 20% (a mare è ancora più bassa) per cui in 7 anni dovremmo riuscire a proteggere un terzo di tutto quello che abbiamo protetto in 100 anni! Vi è ancora tanto da lavorare e da raccontare…